Marcello Lippi, eroe Mondiale

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A metà degli anni Novanta il calcio visse la sua ennesima evoluzione/trasformazione: l’aspetto atletico assunse un ruolo sempre più importante e così le battaglie a centrocampo divennero il pane quotidiano di ogni gara. Un aspetto interessante fu che i fantasisti, i cosidetti piedi buoni, vennero relegati ai margini , all’ala, al ruolo di seconde punte o addirittura in panchina. Naturalmente più che un’evoluzione fu involuzione ma così fu.

In Italia ci fu un allenatore che più degli altri riuscì ad abbinare grandi prestazioni atletiche e ottime qualità tecniche: Marcello Lippi. La sua prima Juve era una squadra che correva e lottava con muscoli e fiato, ma sapeva anche giocare il pallone. Negli anni successivi quella squadra fu anche chiamata in Tribunale per la crescita “particolare” dei muscoli dei suoi calciatori, ma resta il fatto che fu una squadra che portò un netto cambiamento in Serie A, con un allenatore capace di concezioni tattiche innovative.

Il suo arrivo alla Juve coincise con il primo anno dei tre punti a vittoria, trasformando il pari in “due punti persi” rispetto al punto guadagnato di prima. Proprio per questo motivo impostò la squadra a vincere sempre: quattro difensori con uno leggermente staccato dietro in funzione di libero; tre centrocampisti di cui due cursori e un regista; tre attaccanti puri. Nessuna squadra in Serie A si sbilanciava così tanto offensivamente.

Lippi però capì, però, come non sbilanciare la squadra: i tre attaccanti dovevano preoccuparsi dell’azione offensiva, ma in fase di non possesso erano obbligati a rientrare, a pressare, a sfiancarsi sulle fasce. Una cosa che oggi tutti gli attaccanti fanno. Recuperando la palla il prima possibile e in posizioni di campo offensive le possibilità di far gol erano maggiori. Un esempio su tutti è Zidane: nemmeno lui era esentato dai compiti difensivi.

Dopo una brevissima e fallimentare esperienza all’Inter, Lippi tornò alla Juve con una squadra con meno fantasia ma grazie all’acquisto di Zidane arrivarono altri giocatori funzionali al progetto che gli permetteranno di conquistare altri due tricolari tra il 2001 e il 2004.

In campo internazionale la sua Juve raggiunse quattro finali ma ne vinse solamente una; ben più fortunata fu la sua prima esperienza Azzurra. Giunto sulla panchina di una nazionale reduce da un disastroso Europeo, Lippi portò la squadra a qualificarsi a Germania 2006 con una giornata d’anticipo e poi portò sul tetto del Mondo una squadra che non era certamente la più forte. Lippi fu un perfetto psicologo in quel mese, facendo superare preoccupazioni e paure nei suoi 23 determinati da Calciopoli e dalla triste vicenda Pessotto. Trasformò il tutto in energia dal quale costruire un gruppo d’acciaio, ricco di forza di gruppo e valori morali.

Il suo grande errore fu però quello di tornare in Azzurro nel 2008 con una squadra ormai a fine ciclo. Dal 2012 ha 2014 ha guidato il Guangzhou in Cina vincendo tre scudetti consecutivi. Un esploratore vincente, come Marco Polo.

Armando Zavaglia