Finisce definitivamente un’era nel tempio del Maracana: il Tiqui taca spagnolo si eclissa insieme alle ambizioni della nazionale roja nel mondiale brasiliano, da cui viene eliminata dopo sole due partite.
La grande epopea delle Furie Rosse era cominciata in una triste serata per i colori italiani: il 22 Giugno 2008 la Nazionale di Donadoni affondava contro gli spagnoli ai calci di rigore, ponendo fine ad una tradizione da sempre favorevole agli Azzurri negli scontri diretti contro gli iberici.
“Quella notta ha cambiato il nostro destino” è il mantra recitato dai componenti di questo lunghissimo ciclo vincente, iniziato proprio in quei giorni con la finale di Euro 2008 decisa da un gol di Fernando Torres. Quel titolo era il primo per gli spagnoli dopo un’attesa lunga 44 anni ed era solo l’inizio di un momento d’oro che si sarebbe culminato nella vittoria di un altro Europeo e soprattutto del primo titolo mondiale.
In quegli anni, in contemporanea all’ascesa della Roja, si esaltava anche il grande Barcellona di Guardiola, capace di incantare a livello mondiale e di regalare al ct Del Bosque lo zoccolo duro della sua nazionale. Nonostante le bombe di Mourinho, che nel periodo madridista ha più volte cercato di distruggere i rapporti tra i giocatori “rossi” di Barcellona e Real, l’unità nazionale resiste e il 4-0 con cui la Spagna disintegra ancora l’Italia nella finale europea del 2012 pone questa squadra nella storia: nessuna nazionale era mai stata capace di vincere consecutivamente tre delle massime competizioni estive.
Il calcio spagnolo, con il suo modello di gioco basato sul fraseggio insistito e ubriacante, domina e diventa per tutti l’esempio, ma tutte le dittature hanno un ciclo e i primi segnali d’allarme per i rossi arrivano nella Confederations Cup della scorsa estate, dove in semifinale solo i calci di rigore impediscono all’Italia di far fuori meritatamente i rivali e infine nella finale con il Brasile, dove i 5 volte campioni del mondo umiliano i campioni in carica con un secco 3-0. Del Bosque capisce che bisogna fare qualcosa per risolvere questi problemi e comprende che la zona del campo dove serve un innesto è l’attacco che, causa la crisi di Torres e la mancanza di una vera prima punta, finalizza pochissimo l’immensa mole di gioco spagnola. La soluzione a questo problema è identificata in Diego Costa, attaccante dell’Atletico Madrid che dopo l’addio di Falcao è diventato il goleador dei colchoneros.
L’anno che separa la Spagna dal mondiale procede come tutti gli ultimi per la nazionale roja, capace di ottenere in Francia tre punti decisivi per ottenere il pass mondiale. Ma questa stagione verrà caratterizzata dal declinio del Barcellona, per la prima volta dopo diversi anni a secco di titoli stagionali. Il declinio di uomini come Xavi (destinato a giocare in Qatar nella prossima stagione) e Iniesta e la stanchezza del blocco madridista (con le due squadre della capitale spagnola impegnate fino a fine maggio nella finale di Champions) determina l’affondamento dei campioni di tutto, che tra Olanda e Cile raccolgono 7 gol subiti e uno solo fatto (su rigore) e soprattutto evidenziano una nettissima stanchezza mentale e fisica. Vedere la Spagna contro l’Olanda ma soprattutto contro il Cile è stato disorientante per chi per anni ha attribuito a questa squadra il titolo di team più spettacolare: la Roja in Brasile è stata sempre sulle gambe e soprattutto è sembrata rassegnata, quasi come se il raddoppio del Cile avesse alleggerito la mente a molti giocatori ormai con la testa altrove. Il tracollo è stato inaspettato per noi tifosi ma non per i giocatori evidentemente, che percepivano che qualcosa si fosse rotto. Così anche la nazionale spagnola paga la fine del ciclo Barcellona e da adesso in poi, forse con un nuovo allenatore, dovrà far partire un nuovo ciclo senza molte delle sue gloriose stelle, piene di medaglie sul petto ma oggi appesantite dal logorio di un potere lungo 6 anni.