Denis Bergamini, la sentenza in primo grado: condanna a 16 anni per Isabella Internò

La Corte d’Assise di Cosenza ha emesso la sentenza nel processo per la morte di Donato Denis Bergamini, una incredibile vicenda giudiziaria che va avanti da oltre 30 anni. Dopo che difesa e accusa hanno esposto le loro conclusioni nella giornata di ieri, ci sono state le repliche prima della Camera di Consiglio. Per l'ex fidanzata del calciatore, Isabella Internò, la Procura aveva chiesto 23 anni di reclusione, la difesa l’assoluzione.

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La storia di Denis Bergamini trova un punto di svolta con la sentenza in primo grado: sedici anni di condanna per Isabella Internò. Si è pronunciata quindi la corte di assise di Cosenza che dopo otto ore di camera di consiglio ha ritenuto responsabile Isabella Internò per concorso in omicidio volontario con ignoti.

La sentenza della Corte di Assise parla di una condanna a 16 anni, sette in meno di quanti richiesti dalla pubblica accusa. I giudici hanno ridimensionato la richiesta dell’accusa (23 anni) concedendo le attenuanti prevalenti sulle aggravanti.

La vicenda è seguita con grande apprensione da Cosenza e finalmente anche da tutta Italia: non è un caso come Sky Sport abbia dedicato un’intera live, aggiornata passo dopo passo, così come encomiabile il lavoro di altre testate come Cosenza Channel, LaC e altre ancora nel riportare ogni dettaglio sul piano processuale.

La carriera di Bergamini in campo

Ha iniziato la sua carriera calcistica nella stagione 1982-83 indossando la maglia dell’Imola in Interregionale. L’anno successivo gioca nel Russi (altre due stagioni) e nel 1985 viene acquistato dal Cosenza che milita in Serie C1, club con il quale giocherà per cinque annate. Al primo campionato in maglia rossoblù disputa 24 presenze, l’anno successivo gioca 28 partite realizzando 2 gol (contro Sorrento e Benevento). Nel 1987-1988 il Cosenza vince il campionato di Serie C1 e torna in B dopo 24 anni di assenza: Bergamini è titolare nella formazione di Gianni Di Marzio giocando 32 partite su 34.

L’11 settembre del 1988 arriva l’esordio in Serie B nel pari tra Cosenza-Genoa finito 0-0. In quella stagione, forse la più bella nella storia del Cosenza, realizza anche il suo primo ed unico gol nella partita Cosenza-Licata (2-0). A causa di un infortunio, però, riesce a giocare solo 16 partite, ma ha diverse richieste sul mercato. Il Parma fa di tutto per ingaggiarlo, la Fiorentina accenna a un interesse, così come il Pisa, ma il Cosenza che vuole disputare un campionato di vertice, lo dichiara incedibile confermandolo per un’altra stagione, purtroppo l’ultima della sua carriera: il 18 novembre 1989 viene trovato morto sulla statale 106 nei pressi di Roseto Capo Spulico in provincia di Cosenza.

L’affetto dei compagni e della piazza

La famiglia Bergamini non è stata mai lasciata sola, sia dalla piazza di Cosenza che da quanti conobbero in vita lo sfortunato calciatore. Tra questi, sicuramente ha un ruolo in primo piano Luigi Simoni, che ai tempi condivideva con lui la casa, il posto in squadra e anche i sogni per il futuro.

Simoni, ex portiere di buon livello (giocò anche con Pisa, Torino e Piacenza in Serie A) non si è mai arreso e ha promosso nel corso del tempo anche un’asta solidale per aiutare la famiglia Bergamini nelle tante spese processuali. Simoni, ai microfoni del giornalista Massimo Maneggio, dichiarò tempo fa: «Ho deciso di vendere alcune mie magliette del calcio di un tempo e dare il ricavato alla famiglia Bergamini. La vera molla è scattata dopo l’udienza in cui sono stato ascoltato. Lo “scontro” con la difesa mi ha fatto arrabbiare e quindi … sono entrato in “guerra” telefonando a tutti i miei ex compagni rossoblu e non. […] Su una cosa Denis può stare tranquillo: non lasceremo da sola la sua famiglia, questo lo sa. Posso dire che eravamo un gruppo di amici, se abbiamo raggiunto i risultati lo dobbiamo soprattutto alla nostra unità».

Simoni, Padovano, Donata Bergamini e Urban (foto fb)

In città oggi per altro c’erano anche altri ex compagni di squadra come Gigi Simoni, Ciccio Marino, Alberto Urban e Michele Padovano, ma non è mancata la solidarietà di un mondo calcistico che, forse troppo tardi, ha aperto gli occhi su una vicenda che già era molto oscura a fine anni Ottanta.