Storie di calcio: Luongo e Troisi

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Nell’Australia che ha vinto l’ultima Coppa d’Asia c’è tanto di italiano. I due gol decisivi nella finale contro la Corea del Sud sono stati siglati da Troisi e Luongo, due cognomi che a noi italiani dicono qualcosa…

Massimo Luongo, miglior giocatore del torneo, piacerebbe parecchio a Thohir. Mamma Ira è indonesiana, e non un’indonesiana qualunque: è la figlia dell’allora sultano dell’isola di Sumbawa.Un giorno era in vacanza a Bondi beach, le venne fame ed entrò in un ristorante italiano: al momento di pagare il conto le dissero che il pranzo era offerto, con l’aggiunta di un mazzo di fiori. Il ristorante, manco a dirlo, era di Mario Luongo, marchigiano: tre anni dopo i due si sposarono e nel 1992 nacque questo fior di centrocampista che, dopo essere stato la stellina delle high school aussie, passò pure da Ascoli per allenarsi prima che gli scout del Tottenham se ne innamorassero in un provino.

L’Italia non l’ha mai sfiorato, intanto fa impazzire due paesi: quello di mamma, da dove vengono il grosso dei suoi 43mila follower su Twitter e che sui giornali locali ne salutò l’approdo in Inghilterra come un gran traguardo per il movimento; e quello di nascita perché in mezzo ci mette quattro polmoni e discreta qualità. Il c.t. Postecoglou fin dal suo insediamento ci ha puntato forte, e gli ha fatto saltare una vacanza in Turchia pur di portarselo ai Mondiali. In Brasile non ha giocato nemmeno un minuto, ora s’è rifatto con gli interessi: sempre titolare, e due gol. Uno è quello, bellissimo dell’1-0 in finale: palla ricevuta di spalle ai 30 metri, controllo a seguire, piroetta e destro killer. Quando non fa la star nei Socceroos, Luongo gioca allo Swindon Town, terza serie inglese. E pure lì si vede che merita una chance a livelli più alti.

Chi è invece è passato dalle nostre parti è James Troisi, zampata vincente al 105’ su cross di Juric. Lui è proprio quel Troisi: ala sinistra, 28 partite in panchina e 6 in campo due anni fa all’Atalanta. Veniva da un signor campionato in Turchia, 10 gol al Kayserispor, lo prese la Juve a parametro zero e voleva usarlo come (parziale) contropartita nella trattativa Verratti con il Pescara. Poi il Psg sorpassò i bianconeri, ma Troisi fu comunque un bel grimaldello: la sua metà più soldi all’Atalanta, e a Torino si presero Gabbiadini. Troisi è nato ad Adelaide, nonno Gaetano veniva da Benevento e lui ha dato i primi calci nell’academy fondata da papà Alby, ex difensore che ora fa anche da agente al figlio. L’altra metà di sangue? Mamma

Stacey, greca. Evoluzione simile a quella del collega: lo notò il Newcastle durante un tour europeo con la squadra di papà, andò giovanissimo in Inghilterra, non sfondò e prese a girare l’Europa.

Adesso è allo Zulte Wagerem, dove s’è concesso pure un gol in cucchiaio da centrocampo. La sua esultanza dopo la rete decisiva ha la faccia grintosa di un paese che nel 2013 fa decise di affidarsi a un c.t. indigeno dopo 15 anni di tecnici europei e spera di aver trovato una generazione d’oro come quella del 2006, che passò il girone dei Mondiali e fece sudare per 90’ gli azzurri poi campioni. Ah, Troisi è ancora della Juve, chissà che in estate non torni buono.

Armando Zavaglia