“Per – la – miseria” anche a Bisignano si soccombe

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Nell’opera letteraria Les Misérables di Victor Hugo, Jaen Valjean, un povero contadino, spinto dalla miseria, ruba un pezzo di pane, viene arrestato e condannato ai lavori forzati. Quando torna in libertà, viene emarginato da una società chiusa e ostile.

Almeno, così, narra una parte del romanzo, prima di approdare in altri episodi che raccontano le metamorfosi del protagonista, fino alla conclusione della storia.

Per – la – miseria si rischia di passare da una vita normale, al carcere e all’emarginazione sociale.

Quante persone hanno vissuto un’esperienza del genere? Probabilmente tanti e visto il periodo di profonda crisi capiterà anche ad altri.

Miserabili, sempre più poveri, costretti a sopravvivere di stenti e senza un lavoro. Non più, africani, senegalesi, indiani, arabi, rumeni, bulgari, albanesi, pakistani ma, italiani, calabresi, cosentini e bisignanesi.

La miseria è come il cancro, prima colpisce alcune cellule, poi si formano le metastasi e quando si diffondono in tutto il corpo, sopraggiunge la morte.

Come il tumore, la miseria colpisce qualsiasi soggetto, anche il più sano di tutti, privandolo in poco tempo di ogni speranza. La miseria è un male trasversale che insorge all’improvviso, basta un periodo d’incertezza: affettiva, personale, familiare, lavorativa, economica, per scaturire un terremoto devastante con conseguenze irreversibili.

Basta guardarsi intorno per comprendere la gravità della situazione, anche, soltanto, muovendosi in una piccola realtà come quella bisignanese, si possono incrociare diversi casi.

Tuttavia, la collettività appare chiusa e ostile nei confronti dei malcapitati. Davanti al dilagante problema ognuno si ritira nel suo personale e osserva con distacco chi vive nella povertà.

Chi dovrebbe occuparsi di curare questa malattia mortale?

Un ruolo determinante dovrebbero ricoprirlo le Istituzioni governative, soprattutto quelle locali, regioni, province, comuni, con politiche di sostegno per i singoli casi e le famiglie in difficoltà, quello che si fa è insufficiente, insieme anche alla funzione che dovrebbe svolgere la chiesa, la quale nonostante si fonda sulla carità, a oggi, risulta incapace di farla anche relativamente alle azioni più semplici e quotidiane.

La carità non si fa distribuendo viveri di prima necessità al banco alimentare o assolvendo le persone dai loro frivoli peccati, ma promuovendo l’azione concreta sul territorio: progetti, laboratori, lavori, possibilità, speranze, futuro, tutto ciò, in sinergia con i governi e le associazioni preposte, specializzate, per esempio, nell’aiuto agli altri.

Solamente in questo modo, casi disperati come quelli che si osservano anche nella comunità bisignanese, potrebbero essere risolti, se però, chi di dovere avesse tutte le competenze per intervenire.

04/07/2014 – Alberto De Luca