“NEL NOME DEL POPOLO ITALIANO” SI CONDANNA LA TRATTATIVA STATO-MAFIA

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“Nel nome del popolo italiano, la Corte di Assise di Palermo sez. II, all’udienza del giorno 20 aprile 2018, ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo, la seguente sentenza”: la Trattativa Stato-Mafia c’è stata e, dopo circa 5 anni di processo, 220 udienze e più di 200 testimoni, sono arrivate anche le condanne.

12 anni per gli ex vertici del ROS, Mario Mori e Antonio Subranni

12 anni per l’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri

28 anni per il capomafia Leoluca Biaggio Bagarella

12 anni per il boss Antonino Cinà

8 anni per l’ex ufficiale del ROS, Giuseppe De Donno

Il capo di imputazione è lo stesso: minaccia a corpo politico dello Stato.

8 anni per Massimo Ciancimino, accusato per concorso in associazione mafiosa e calunnia dell’ex capo della polizia De Gennaro.

Condannati tutti gli altri imputati, tranne Giovanni Brusca per prescrizione e l’ex ministro democristiano Nicola Mancino, assolto dall’accusa di falsa testimonianza.

Ripercorriamo un po’ la vicenda. A parlare per la prima volta di Trattativa fu Giovanni Brusca nel 1996, una sorta di contratto a prestazioni corrispettive: la fine delle stragi in cambio dell’attenuazione delle misure detentive del 41 bis, grazie alle quali il giudice Falcone col suo pool avevano condannato ad anni ed anni gli esponenti di Cosa Nostra. Sulle dichiarazioni di Brusca iniziarono ad indagare nel 2009 fino ad arrivare alla prima udienza il 2012, grazie al lavoro dei PM di Palermo e Caltanissetta Antonio Ingroia, Antonino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene.

Tra le tanti parti costituitesi parte civile al processo spicca quella di Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso in via D’Amelio, nella doppia veste di parente della vittima, quindi parte offesa; e di rappresentante dell’associazione Agende Rosse, come parte danneggiata.

Oggi GIUSTIZIA E’ STATA FATTA…in parte. Sono tante le vicende ancora oscure di quegli anni, tante le persone che ancora dovrebbero pagare. L’ex autista di Riina, Gaspare Mutolo, svelò a Borsellino i nomi di magistrati corrotti e alleati della mafia, Borsellino  sconvolto e preso dallo sconforto vomitò. Ancora, però, alcuni di quei magistrati non sono comparsi nei vari processi se non nella veste di testimoni, testimoni, tra l’altro, non attendibili perché cambiavano versione nella stessa maniera di come cambiavano volto: un po’ giustizia, un po’ politica, un po’ mafia. Ma la sabbia e le pietre nell’acqua affondano.

“Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi. COME EVITARE DI PARLARE DI STATO QUANDO SI PARLA DI MAFIA?” (Giovanni Falcone)

Federica Giovinco