Il Pd bisignanese vuole un partito più forte

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PARTITO DEMOCRATICO
Circolo di Bisignano

L’11 marzo 2018 si è svolta l’Assemblea di Circolo per discutere dei risultati elettorali dello scorso 4 marzo e per discutere dello stato del PD e delle sue prospettive.
Attraverso la prolusione del Segretario di Circolo e attraverso i numerosi interventi degli iscritti, si sono delineate con chiarezza le opinioni sulle ragioni della pesante sconfitta elettorale subita dal partito e dalla coalizione a guida PD e le proposte quasi unanimi sulle iniziative politiche e organizzative che il partito deve immediatamente intraprendere per superare questa fase negativa.
L’Assemblea ha evidenziato come la sconfitta elettorale, al di là del giudizio negativo delle opposizioni sull’operato del governo a guida Renzi e, poi, Gentiloni, sia stata generata soprattutto dalle carenze del partito, sia in termini di comunicazione sia in termini di apertura alla partecipazione attiva degli iscritti alla formazione della linea politica, alla condivisione delle scelte del governo e alla formulazione delle rappresentanze parlamentari.
Lo scollamento tra i vertici e la base del partito ha determinato un appannamento dell’interesse attivo degli iscritti, un affievolimento della loro partecipazione e, infine, una presenza meno motivata nell’ambito sociale più vasto che, sul piano elettorale, ha di fatto emarginato le ragioni e le motivazioni del nostro partito nella sua riproposizione alla guida del governo italiano.

La vicenda del referendum costituzionale, le cui buone motivazioni non hanno convinto la maggioranza dell’elettorato e una frazione del partito; la crisi interna sfociata, senza una adeguata discussione che coinvolgesse l’intero corpo del PD, nella scissione dalemiana – bersaniana; i risultati delle elezioni amministrative del 2016, in cui si sono registrate sconfitte molto pesanti, di cui Roma, Napoli e Torino sono le testimonianze più importanti, hanno costituito forti segnali d’allarme sulle sorti del PD, senza suscitare elementi ineludibili e urgenti di una presa d’atto dei pericoli a cui il partito andava incontro e senza generare quella corsa politica ai ripari, almeno quelli, tale da ridurre sensibilmente la fuga del nostro elettorato.

Vero è che i nostri avversari hanno fomentato e cavalcato argomenti capaci di solleticare ulteriormente le rabbie, le paure, le aspettative più radicate di un corpo sociale che vive con forti risentimenti gli effetti di una crisi economica e culturale ormai perdurante da un decennio.
La disoccupazione e i problemi del lavoro, l’immigrazione e la questione sicurezza, la svalutazione della classe politica e dirigente, che poco ha fatto per riproporsi in termini più positivi e solidaristici, la questione europea e monetaria, sono stati utilizzati in modo populistico e anti sistema, raggiungendo, contro ogni richiamo al buon senso, il risultato di incrementare il voto di protesta generalizzato, al quale hanno aderito anche i ceti sociali cosiddetti moderati.
Il PD nazionale ha ritenuto di poter superare la situazione di disagio sociale, di volta in volta imputata al Governo, attraverso la difesa delle riforme attuate e attraverso la diffusione dei dati sulla ripresa produttiva e sul miglioramento dell’occupazione e, anche, attraverso il richiamo al buon senso popolare e all’avvertimento di non vanificare gli sforzi e i risultati ottenuti, nella prospettiva di migliorare il trend positivo avviato.
In realtà, la società italiana ha interpretato la complessa situazione di perdurante crisi come diretta emanazione delle scelte e degli interessi dei poteri forti (partiti tradizionali, governo, gruppi finanziari e bancari, anche sovranazionali, sistema monetario europeo, sistema politico europeo, classi sociali privilegiate e/o avvantaggiate dalla crisi) e ha premiato elettoralmente i partiti che si oppongono al sistema nel suo complesso e che propongono vie d’uscita strettamente connesse al rifiuto delle logiche consolidate della politica europea, del mercato globale, della finanza mondiale e che rifiutano la dialettica solidaristica in nome del fai da te e del ritorno agli interessi particolaristici.
In tal senso, hanno funzionato tutte le promesse di forte detassazione generalizzata, di elargizione di reddito scollegato dalla produttività del lavoro, di chiusura delle frontiere all’immigrazione, di cancellazione dei privilegi economici della classe dirigente, la cosiddetta casta.

In questo clima di forte esaltazione dei partiti d’opposizione, il PD è risultato soccombente e, insieme ad esso, è risultata soccombente tutta la sinistra frazionata che, pure, della critica al nostro partito e al governo aveva fatto la ragione del suo obiettivo di recupero, almeno parziale, dell’elettorato di sinistra critico nei riguardi del nostro partito.
Il recupero della credibilità e dell’elettorato, la ricostituzione della sinistra e della sua organicità nel centrosinistra non potranno raggiungersi in tempi brevi e senza l’apporto determinante del PD, il quale ha bisogno di riorganizzarsi strutturalmente e politicamente, ritrovando le sue ragioni di essere, le sue motivazioni, la sua organicità ideale rivolta alla rappresentanza dei ceti e delle istanze popolari. Per il Circolo di Bisignano, nell’immediato, è necessario avviare il processo di ricostituzione del partito partendo dal basso.

I Circoli, in tal senso, devono essere alla base dell’avvio della fase di riorganizzazione, presenza territoriale, formazione delle decisioni. Essi, negli ultimi anni, sono stati svuotati di ogni reale possibilità di partecipazione alla formulazione delle linee programmatiche e politiche del partito; sono stati considerati come corpi a sé, privi di caratteri decisionali e, in definitiva, condizionati a svolgere un ruolo di mera presenza, fondamentalmente distanti sia dagli organi decisionali del partito (a tutti i livelli territoriali), sia dalla società, con la quale non erano in grado di costruire un collegamento reale fondato sulla compartecipazione alle loro istanze, alle loro necessità e alle loro aspirazioni.
Il Circolo di Bisignano, pertanto, chiede che il PD applichi pienamente il suo Statuto e si apra alla società attraverso i circoli.
Chiede che tra gli organi dirigenti nazionali, regionali, provinciali e i circoli vi siano legami più stretti e continui, al fine di realizzare una diffusione più ampia delle proposte del partito e una collegialità nelle scelte sia sulla linea politica generale, sia sui maggiori temi di interesse sociale.
Gli organi previsti per lo sviluppo della discussione e della decisione, a tutti i livelli territoriali, devono poter funzionare veramente, con convocazioni periodiche e con convocazioni straordinarie, quando lo richiedono particolari argomenti e/o fasi delicate e importanti dell’attività del partito e dell’attività di governo o delle questioni che interessano i cittadini e/o le categorie sociali.

E chiede che, nelle occasioni elettorali, i circoli siano direttamente coinvolti nella scelta dei candidati chiamati a rappresentare il partito.