“UN GIORNO QUESTA TERRA SARA’ BELLISSIMA”

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19 luglio 1992, ore 16.58. Palermo tremò, via D’Amelio fu sotterrata da fumo e macerie. L’orologio di cinque uomini e una donna si fermò per sempre. Sei vite si spensero dilaniate da 90 kg di esplosivo contenute in una Fiat 126 rubata, esplosa a distanza di soli due metri da quelle che sarebbero state le vittime.  Emanuela Loi, agente di Polizia di Stato, prima donna a restare uccisa in servizio: di lì a poco avrebbe dovuto sposare il suo fidanzato Andrea…non ne ebbe il tempo. Walter Eddie Cosina, agente di Polizia di Stato, non era in servizio quel giorno ed un collega arrivò da Trieste per dargli il cambio ma Cosina lo lasciò riposare e prese servizio egli stesso: non rivedrà più sua moglie Monica. Agostino Catalano, agente di Polizia di Stato, momentaneamente assegnato alla scorta del magistrato in qualità di capo-scorta, il giorno della strage era in ferie ma venne chiamato per raggiungere il numero sufficiente per organizzare la scorta: lascia i suoi tre figli e la sua seconda moglie Maria. Vincenzo Li Muli, agente di Polizia di Stato, non rivedrà più i genitori ed i suoi fratelli. Claudio Traina, agente di Polizia di Stato, lascia da sola sua moglie a crescere il loro bimbo in tenera età. Paolo Borsellino, magistrato italiano, lavorò come giudice istruttore nel pool antimafia istituito da Caponnetto; chiese e ottenne la nomina di Procuratore Capo presso la Procura della Repubblica di Marsala e nel 1992, in seguito all’impiego di Falcone a Roma, credette opportuno ritornare a dare il suo contributo lavorativo e umano presso la Procura della Repubblica di Palermo, seppur facendo un passo indietro per la sua carriera: da Procuratore capo a Procuratore Aggiunto. Dopo quel maledetto pomeriggio, una madre non rivide più suo figlio, le due sorelle, Adele e Rita ed il fratello, Salvatore, non rividero più Paolo, la moglie Agnese non rivide più suo marito, i tre figli Manfredi, Lucia e Fiammetta rimasero orfani di padre. Spesso pensiamo a quanto sia lontana la vita di questi uomini dalla vita quotidiana di ogni persona “normale”, ignari del fatto che anche i super eroi possano avere vicende familiari e personali, come ogni comune mortale. Spesso, per questo motivo, li ricordiamo, commemoriamo, ne parliamo, mantenendo una certa distanza affettiva, quasi che i giudici così devoti ai valori supremi dello Stato e della giustizia fossero i personaggi mitologici di qualche bravo romanziere greco. Lo stesso vale per i cosiddetti “angeli di Borsellino”. “Angeli”.. abbiamo una grande passione a portare le cose che sfuggono al nostro, a volte, rozzo intendere, a fenomeni sopranaturali. Certo che sono angeli, ma per il loro ruolo, non perché immuni da dolori, problemi e fatti umani. È giusto riconoscere un grado gerarchico superiore a coloro i quali hanno fatto della loro vita scudo contro la ferocità dei metodi di distruzione mafiosa, devozione al senso del giusto e di uno Stato che in vita gli toglieva le “coperte” e da morti gliene riponeva una tricolore sulla cassa sigillata. Ma forse è giusto a metà. Gli “angeli di Borsellino” così come quelli di Falcone e delle altre vittime di mafia, non sono loro ad essere “quelli strani”, “quelli particolari”, “quelli che sono disposti a morire per le loro idee”. Quella strana è tutta l’altra gente, quella che dice “sì” ogni giorno alla mafia pur non dicendo niente. La gente che paga, che copre, che non denuncia, che si gira dall’altra parte! Strana è la gente che non ha il coraggio di sostenere le proprie idee, che si adegua al più forte, convinta che quello vince, che con quello avrà ciò che chiede, che con quello sarà rispettata e considerata. Questa è la gente strana, mentre gli “angeli di Borsellino” erano gente normale, gente che si alzava la mattina, indossava il giubbotto anti-proiettile, salutava la moglie che puntualmente diceva “Stai attento” e lui puntualmente rispondeva “Tranquilla, a domani”, consapevole che purtroppo, per quell’altra gente che preferiva il tacito consenso, per quello Stato che preferiva il comodo occultamento, avrebbe potuto non esserci mai, quel “domani” che Emanuela, Claudio, Agostino, Vincenzo, Walter e Paolo non hanno avuto più: e no, non gliel’ha strappato solo la mafia quel domani, troppo comodo mettersi dietro questo muro di cemento armato, gliel’ha tolto l’altra gente che preferiva il tacito consenso, e lo Stato deviato che preferiva il comodo occultamento. Antonino Caponnetto ricorda: “Paolo aveva chiesto alla questura – già venti giorni prima dell’attentato – di disporre la rimozione dei veicoli nella zona antistante l’abitazione della madre. Ma la domanda era rimasta inevasa. Ancora oggi aspetto di sapere chi fosse il funzionario responsabile della sicurezza di Paolo, se si sia proceduto disciplinarmente nei suoi confronti e con quali conseguenze“. Ecco perché viene chiamato “delitto eccellente”, non perché eccellente sia la mafia. Come si potrebbe infatti definire eccellente un uomo analfabeta che prende ordini da un altro analfabeta che cova vendetta e sete di soldi e di potere? “Eccellente” perché pensato da menti colte e raffinate, quelle difficili da smascherare perché la maschera è proprio il loro viso. La bellezza delle cose difficili è che non sono impossibili, riuscire a portarle a termine con successo equivale a prendersi una grande soddisfazione. Catturare Riina era difficile ma vederlo dietro le sbarre sotto la foto commemorativa del Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa è stata una soddisfazione per tutti i cittadini onesti. Falcone nutriva speranza avanzando la proposta di una soluzione concreta: “Adesso, fortificati dalle esperienze nel bene e nel male acquisite, è tempo di andare avanti, non con sterili declamazioni e non più confidando sull’impegno straordinario di pochi, ma con il doveroso impegno ordinario di tutti in una battaglia che è anzitutto di civiltà e che può e deve essere vinta”. Paolo in fondo  l’ha detto:”UN GIORNO QUESTA TERRA SARA’ BELLISSIMA”.

Federica Giovinco