Tra Via Alarico …. la valle e le rive del fiume Crati

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Cosenza, via Alarico. Negli anni ’60 vi era l’istituto per disabili

 

Quando sono nato, nel 1959, si sapeva poco o quasi nulla delle malattie che incalzavano in quegli anni come la poliomielite…. mia madre diceva: “che correva  la poliomielite”.  Durante gli anni  dei miei  studi veniva spesso chiamata polio o paralisi infantile, è una malattia acuta, virale. Il termine deriva dal greco poliós (πολιός), che significa “grigio”, myelós (μυελός), che si riferisce a midollo spinale, e il suffisso -itis, che indica l’infiammazione, anche se il greco non l’ho mai studiato.  Molte volte quando crescevo ed incontravo barriere invisibili e di ogni tipo ma ancora oggi che sono padre, marito, dipendente pubblico affermo: “forse sarebbe stato meglio un bell’ aborto”. Ho vissuto a muso duro, ma non mi arrendo, sono una persona quasi normale, con la mia deambulazione sensibilmente ridotta e il mio braccio e mano sx . La mia vita è un  percorso di fatica dove mantenere la propria dignità è arduo e non farsi buttare dalla prima rupe tarpea quotidiana, fino a rimettere in discussione tutto, se stesso e la “vita”, itaigeti invisibili. Il vero miracolo è nell’avere vissuto una vita, una vita del tutto diversa, l’inserimento scolastico dei disabili si è concretizzato solo con l’approvazione di una ricca e puntuale messe legislativa e normativa. Il vero inizio dell’integrazione totale degli handicappati nella scuola ordinaria dell’istruzione obbligatoria, è comunque legata alla legge n. 517/77 la quale ha previsto, fra l’altro, l’abolizione delle classi differenziali. La persona che vi parla ha calcato per un periodo stringato tale esperienza, per ritornare subito nelle normali, alla prima elementare venni messo insieme agli handicappati per qualche giorno, ma poi finì subito nella prima normale, non ricordo il nome  della maestra, ma volò la riga che sfiorò il mio sopracciglio, poi arrivarono in classe mia madre e mia zia Elvira per un chiarimento popolare la maestra sparì, arrivo la sig.ra Casagrande. Di lei ricordo il nome e aveva un cuore grande quanto una casa, rimase fino alla fine dell’anno scolastico, grande maestra, poi l’anno successivo arrivò in classe il maestro Gaetano Gentile. Intorno alla terza elementare ho vissuto tale esperienza,  prima per poco tempo da interno (terza elementare) e poi da esterno,  gli anni dell’AIAS di via Alarico, della  dott.ssa Nina D’amato, poi via Panebianco, cda Serraspiga, …, ricordo che i miei genitori mi facevano fare le scarpe ortopediche a pagamento, poi nel tempo andavamo a Bari alle Ortopedie “Rizzoli”, con il treno, stazione di Torano scalo – Bari, il treno non arrivava mai cinque o sei ore, guardavo dal finestrino immagine che poi ritrovavo nella fumettistica del vecchio west verso il Messico… ma da Bisignano alla Stazione si arrivava e si ritornava  con mezzi di fortuna e spesso a piedi. Poi arrivarono i tempi del medico provinciale che autorizzava protesi e ricoveri vari, ma la cosa più importante, mentre altre famiglie fecero diversamente puntando agli istituti, sempre la mamma preferì il paese natio. Gaetano Gentile (nota 1),  ha tracciato didatticamente la mia vita come i coniugi D’Amato, oggi nonostante tutte le discrasie che si vogliono addossare al loro operato, permettetemi un operato stereotipato se vogliamo ma dai due volti: positivo e negativo, rimangono comunque un punto di riferimento degli anni che stiamo parlando e della disabilità a Cosenza. Quella palazzina situata sotto il ponte dove il rumore del Crati (nota 2) si mescolava alla sofferenza di noi ragazzi diversi di via Alarico, ricordo che per accedere bisognava varcare un cancelletto in ferro e poi scalini che sembravano non finire mai. La pietra angolare della mia esistenza mia madre, analfabeta ma comunista che, mi ha aiutato non poco a stimolare i miei spontanei interessi per lo studio e per la cultura, il suo chiodo fisso “il diploma”. Mamma non ha cercato un mio recupero fisico, oppure a pratiche riabilitative che andassero a scapito del tempo da dedicare alla mia formazione scolastica, nella scuola normale, ricordo nel 1976/77 presso il magistrale n.2 di via De Rada una risposta che diede a una professoressa di chimica, lei disse alla mia mamma che non andavo a scuola per fare sciopero… ma la mamma disse“tanto mio figlio si deve diplomare in questa scuola”. All’epoca erano gli anni del movimento studentesco degli anni ’70 e di lotta e per la 517/77. La mamma è stata decisiva, ho sviluppato, nonostante l’evidenza di una disabilità fisica, una normalità grazie anche alla facilità di parola piacente e un po’ insistente, con una educazione popolare e “proletaria”, acquisita grazie anche al nonno Pasquale Chiaravalle, che mi portava ad ascoltare i comizi di sinistra, (ne ricordo uno in particolare del sen. Umile Francesco Peluso nella “piazza rossa” del Borgo di Piano che parlava di parità di diritti e di doveri). Mia mamma ha costruito, senza saperlo un individuo normale, senza leggi o teorie, senza insegnante di sostegno istituti vari, una madre che non ha mai chiesto contributi o aiuti vari al pubblico, una donna analfabeta e comunista mai vistosa, ma con una grandissima intelligenza. Appaio un persona aiutato dal fato, un uomo libero, sono un tipico post-comunista, ex PCI nonché ex troppe altre cose, senza tessera in tasca.

UMILE  Bentivedo
(Assistente Sociale) –
Iscritto Albo Reg. degli Assistenti Sociali Sez.A n.812

 

nota 1
Gentile incarnava  storicamente  l’immagine di una scuola pura, da maestro unico
È morto, il maestro Gaetano Gentile . “Una vita per la scuola”

Bisignano- È morto, il maestro Gaetano Gentile : “Una vita vissuta per la scuola”. Gaetano Gentile, è morto  a 84 anni,  era nato  a Bisignano il 18.3.1924  . Appartenente alla famiglia Gentile, visse nella sua casa in centro storico sita in Piazza Vincenzo Cassano, nelle vicinanze del palazzo  Messinetti e via dei Pescatori, quasi adiacente al plesso scolastico dell’epoca, dove si è consumata l’esperienza educativa del maestro di noi ragazzi del rione piano nati nel 1959. Oltre che la carica di insegnante ha ricoperto la carica di Presidente della Cassa Rurale Artigiana locale. Noi alunni della scuola elementare, lo ricordiamo con affetto quando arrivava a scuola per il turno pomeridiano nel plesso -Castagnaro in vico Corso Mazzini  a volte capitava che arrivasse nell’aula direttamente da Cosenza con la sua borsa di pelle poiché , “ritornava dai suoi viaggi  presso la Banca d’Italia, per  conto della cassa rurale situata in città in  via Veneto”, molte volte diceva di essere digiuno, altri tempi. Poi il pomeriggio-sera si ricorda ancora il Centro di lettura di Via Simone dove si ritrovava sempre lui tra i libri suoi compagni di vita.  La didattica del  maestro  gentile era rigorosamente appartenente alla scuola del leggere- scrivere- fare conti, ma anche di alti contenuti civici come l’ istituzione in classe del libretto di risparmio personale.  Il suo modo di insegnare era impeccabile così come il modo di vestire sempre con cravatta e giacca e la  stilografica nel taschino di sinistra e sulla cattedra il tampone per asciugare l’inchiostro nero o blu. Però  erano anche i tempi della riga sul tavolo  del maestro, e  le rigate date agli alunni,  strumento repressivo di cui il Gentile non ha mai abusato, ma usato,  ma allo stesso tempo, egli da persona intelligente, ci faceva domande sulla nostra vita quotidiana,  sulle nostre famiglie, si stupiva come un giovane perchè il suo cuore e la sua testa erano quelle di un giovane-saggio. Lettore curioso e attento, ora possiamo dirlo, voleva formare degli uomini, ed allo stesso tempo  diventare compagno dei suoi allievi per un tratto di strada della loro vita.  Il Gentile incarnava  storicamente per quei tempi l’immagine di una scuola pura, da maestro unico e coerente,  il suo fare  scuola  non si  presentava mai disgiunto dal fare istituzione. Perciò la scelta inquadrata nel suo tempo oggi rivaluta può essere un segnale culturale e politico di attenzione e di fiducia. Noi  “compagni di scuola”,  per i ruoli che ricopriamo nel tessuto sociale e figli di quella didattica “siamo obbligati” a dare  risposte nel solco del suo insegnamento ai bisogni sociali cercando di innovare servizi e welfare, affinché la società cresca in forza ed efficacia. Grazie maestro, per il suo impegno etico-didattico profuso per “Una vita per la scuola”
( pubblicato sulla città del Crati di Ermanno Arcuri )

 

Nota 2

Prologo

Guardo il cielo grigio e la pioggia che scende a catinelle, le case
addormentate, mentre qualcuno esce dal portone di fronte,
forse per andare a lavoro. L’albero d’ulivo piegato da un vento
insinuante, la mia auto nuova e bagnata, la mia gatta infreddolita
e incinta… i miei sogni che navigano nelle pozzanghere.
Ricordo le mie colline verdi e profumate, ondeggianti e silenziose
nella calura estiva, mi hanno accolto nel loro grembo
caldo dal primo alito di vita, già disabile, ma non diverso, se
non nella fragile sensibilità che distingue i sognatori. Portato
in fasce, da mia madre, fino all’adolescenza scalpitante, nei
campi inondati di luce, dove l’odore del grano maturo era
forte, circondato dai colli che vigilano sui due fiumi che li penetravano,
dividendoli: il Duglia vorticoso e l’insidioso Crati,
mentre più in là trovo il placido e defraudato Mucone non ancora
in piena, con i suoi gatti randagi e sospettosi, gli eburnei
gabbiani risaliti dal mare, le oche starnazzanti e moleste che
transitano sul ponte, immancabilmente, rotto e in disuso. Vivere
in questa città è come partecipare ad una corsa ad ostacoli
infinita, non sai mai quando si presentano e a volte rischi di
cadere a terra, ma nonostante tutto sono sereno, anche se il cellulare
a volte frantuma il silenzio che mi avvolge, mentre mi
perdo nella serena quiete del mio vivere non sempre quieto.
Oltre i vetri rigati da lacrime di pioggia intuisco un paesino,
che intravedo confusamente, ma che immagino bene… lo
sogno… con le sue case cadenti, le sue viuzze strette e familiari,
i volti attraenti di donne giovanili che inesorabilmente invecchiano,
ma di cui mi innamoro in ogni attimo della giornata.
Oltre le alture guardo il mare profondo e mi soffermo sulle
sabbie dorate e ardenti di Calabria.

 Tratto da tre D –  D(io), Donne, Diversità   – Apollo Edizioni