Quel fraticello che menava a suon di Vangelo

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Bisignano – Ieri verso le cinque del pomeriggio mi sono recato al Convento del Sant’Umile per assistere alla Santa Messa domenicale in occasione della festa liturgica in onore del Santo bisignanese. Entrato nel chiostro annesso alla chiesa della Riforma ho trovato posto a sedere in attesa della funzione. Erano circa le diciotto quando l’assemblea si è alzata in piedi al suono della campanella che introduceva l’ingresso del Sacerdote. Per l’occasione, a celebrare la funzione vi era un piccolo fraticello con al seguito gli altri concelebranti: Il Padre Provinciale, il parroco del paese e  altri frati, in mezzo a quali spiccava la sagoma snella e canuta di un “Fra” molto noto ai bisignanesi e soprattutto al sottoscritto, per il fatto che quando capita d’incontrarlo sembra di stringere la mano a un ipoteso. Insomma, non è che non sappia dare la stretta, ma nell’atto di farlo, se si ricorda che con quella determinata persona ha qualche debituccio in sospeso, abbassando lo sguardo, subdolamente ritrae la sua manina. Tralasciando questo mio personale appunto, il quale non sarebbe imputabile solamente al “Fra” canuto ma ad altri noti “Clerici” bisignanesi, vi racconto il seguito della mia storia.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo così hanno inizio tutte le funzioni cristiane, ma nel caso di ieri sera di fronte al piccolo fraticello vi era una grande folla e davanti anche il Sindaco del paese, quindi, immaginatevi il seguito dei fatti. La prima lettura e il Salmo, poi la seconda, fino al Vangelo e infine l’Omelia affidata alla voce chiarissima del fraticello. Una “lezione” celebrata attraverso la voce di un “nomade” del mondo, il quale ha utilizzato la forza del Vangelo per “bastonare” i responsabili dei disastri ambientali, con riferimento alla tragedia appena consumatasi nelle Filippine. Probabilmente, solamente un pretesto, attraverso il quale appuntare sonoramente il Primo Cittadino di Bisignano e ricordargli tutte le responsabilità istituzionali e politiche in materia di disastri ambientali, anche meno gravi di quelli accaduti nell’altro capo del mondo. Qualcuno potrebbe  non aver captato il messaggio del frate “Ginuzzu”, ma per chi come il sottoscritto ricorda perfettamente i fatti accaduti al tempo dei dissesti idrogeologici del 2010 e il conseguente “sequestro” del Sant’Umile, l’Omelia universalmente divulgata dall’arguto fraticello ha finito per assumere un significato specifico e caratterizzante i “fattacci” avvenuti a Bisignano anni addietro. Insomma, eravamo  all’inizio dell’Omelia ma era già partita la prima silurata nei confronti di chi probabilmente se l’aspettava, visto appunto le vecchie ruggini legate sempre alla chiusura del Convento. Come se non bastasse, l’astuto fraticello rivolgendosi alla platea e mostrando una pianta, ha fatto una similitudine fra la bellezza dell’arbusto e quella della fede. Poi, volgendosi nuovamente in direzione del suo “bersaglio” preferito, continuava a chiarire che la bellezza della fede si possiede oppure si è solo dei superbi nel professarla senza avercela. In conclusione, se un uomo e, soprattutto, un individuo istituzionale (un politico, un parroco, per intenderci) professa la fede, non può poi agire contro di essa, comportandosi al contrario di ciò che gl’impone moralmente. Mentre il fraticello procedeva imperterrito come un matador in mezzo all’arena, richiamando l’attenzione dei fedeli, le “sagome” alle sue spalle stavano attonite e in particolare vi era un frate, che se l’avesse potuto zittire con un calcio nel fondoschiena l’avrebbe fatto volentieri. Non vi dirò chi, ma non è molto difficile comprenderlo, specie  per chi  era presente alla cerimonia. La funzione si è conclusa in un clima di distensione solo apparente, con la fretta da parte di tutti di andare via, specialmente di coloro i quali hanno avuto ben chiaro ciò  che il piccolo “Ginuzzu” ha voluto rammentargli utilizzando il  “bastone” evangelico.

18/11/2013 – Alberto De Luca