La chiesa di san Francesco da Paola in Bisignano venne probabilmente fondata nei primi anni del 1500 da Berardino I Sanseverino, terzo principe di Bisignano, nei pressi di un antico oratorio che sorgeva nella contrada santa Maria di Coraca. Lo stesso principe conobbe personalmente san Francesco in Francia, alla corte di Luigi XII.
I rapporti fra san Francesco e i Sanseverino erano intensi già da molti anni: il principe di Bisignano e sua moglie erano stati nominati dal santo quali Procuratori Generali dell’Ordine dei Minimi nel 1482, per aver favorito la diffusione dei Paolotti nei loro feudi contribuendo alle spese per la costruzione di chiese e conventi. Con questa nomina san Francesco volle renderli partecipi dell’indulgenza plenaria da ottenersi una volta l’anno, concessa dal Papa all’Ordine dei Minimi.
La chiesa venne distrutta una prima volta dal terremoto nel 1638, ricostruita nel 1669 e subì altri rifacimenti dopo i terremoti dei secoli successivi. Del convento annesso alla chiesa si sa che venne ricostruito in stile tardo-barocco nel XVII secolo. Ad oggi sono visibili sul retro della chiesa i resti del chiostro in stile romanico-rinascimentale con al centro il pozzo.
Il portale, finemente lavorato, è realizzato in pietra, su cui è presente la scritta in latino: Portam hanc fieri fecit Scipio Longo.
Santa Maria di Coraca
All’interno della chiesa, nella terza cappella a sinistra, è custodita l’immagine di santa Maria di Coraca, realizzata in pietra tufacea e risalente al XV secolo. Secondo le fonti proviene da un antico oratorio appartenente ai Sanseverino e fino al 1630 ne è documentata la collocazione sull’altare maggiore. Probabilmente venne spostata nella posizione attuale agli inizi del ‘900. Sulla sua origine non si hanno notizie certe: pare che sia stata rinvenuta in una grotta eremitica nei pressi della chiesa e che abbia dato il nome prima alla contrada e poi al convento dei Minimi. La grotta viene citata in modo piuttosto vago dalle fonti, che riferiscono che si trova nella vallata sottostante la chiesa e accennano alla presenza di una croce greca incisa sulla parete.
L’immagine, che rappresenta la Madonna intenta ad allattare il Bambino, misura 50×20 cm e viene considerata di stile bizantineggiante. Essa è inserita in una composizione pittorica risalente al XVIII secolo e funge da pala d’altare nella cappella che era dei principi Sanseverino. L’altare in pietra della cappella, già gravemente danneggiato, è endato distrutto negli anni ’80 del secolo scorso.
La chiesa e il convento descritti da mons. Perbenedetti
Quella che attualmente è detta chiesa di san Francesco da Paola, un tempo era intitolata a santa Maria di Loreto e rappresentava uno dei tre conventi della Provincia di Calabria intitolati alla vergine. La chiesa e il convento sorsero nei pressi di un antico oratorio dedicato a santa Maria di Coraca, di proprietà dei Sanseverino, fuori dal borgo di Piano. Impropriamente una relazione del 1650 intitola la chiesa a santa Maria di Coraca riportando quanto detto da mons. Perbenedetti nella visita apostolica del 1630. Probabilmente solo il convento era intitolato a santa Maria di Coraca mentre la chiesa era intitolata a santa Maria di Loreto, ma poiché sull’altare maggiore era posto l’affresco quattrocentesco della Madonna di Coraca si diede un titolo improprio alla chiesa. Inoltre, mons. Perbenedetti visitò gli altari della chiesa: l’altare maggiore risulta esser posto al cospetto della porta maggiore, sul quale è collocata l’icona raffigurante la vergine di Coraca e antecedente alla costruzione della chiesa. È la stessa che attualmente si venera sul terzo altare a sinistra. Gli altri quattro altari erano intitolati a san Francesco da Paola, a santa Maria del Monte Carmelo, a santa Maria degli Angeli e al Santissimo Crocefisso. Ora, però, è difficile stabilire quale fosse l’esatta ubicazione degli altari ricordati rispetto alla planimetria della chiesa quale oggi appare. Mons. Perbenedetti ci informa ancora che attraverso il coro monastico si accedeva alla sagrestia nella quale erano posti due altari in legno. Nel medesimo ambiente fu sepolto il corpo di Pietrantonio Sanseverino, IV Principe di Bisignano, morto a Parigi nel 1559 e ricondotto nella sua Bisignano per rispettare le sue volontà. Secondo la descrizione del 1650 la chiesa risulta finita, mentre nel convento si dovevano terminare due dormitori e un’infermeria.
I dipinti
Tra i diversi dipinti che si possono ammirare nella chiesa di san Francesco, troviamo, sul primo altare a destra una tela raffigurante L’Immacolata, san Vito e santa Lucia. Probabilmente questa è un’opera di Giovanni Pellicori. La tela sembra avvicinarsi allo stile del dipinto presente sul secondo altare a destra, sempre attribuibile a Pellicori: si tratta della rappresentazione de La Madonna della Neve, san Francesco di Sales e san Nicola da Longobardi (1786).
Secondo quanto narrato da vari autori cristiani, un ricco patrizio che viveva a Roma, durante la notte del 4 agosto 352 d.C. avrebbe visto in sogno la Vergine Maria che chiedeva di costruire una basilica nel luogo dove il mattino seguente avesse trovato della neve fresca. Costui, la mattina seguente, corse da papa Liberio per raccontargli quanto visto e il pontefice confessò di aver avuto la stessa visione. Il prodigio nel frattempo si era avverato e per ordine di Liberio si fece tracciare la pianta di una grandiosa basilica esattamente dove cadde la neve di agosto. Sempre secondo la storia, la basilica sarebbe stata finanziata dal patrizio stesso e prese il nome di Basilica di Santa Maria della Neve. La sua memoria liturgica cade il 5 agosto. La figura di san Nicola è stata dipinta in epoca successiva all’esecuzione dell’opera (sicuramente settecentesca) e sovrapposta ad una originaria figura che pare debba identificarsi con san Carlo Borromeo, in coppia, nell’iconografia di quegli anni, con san Francesco di Sales.
Nel 1862 è stata realizzata la tela raffigurante il beato Gaspare de Bono, minimo spagnolo che prega dinanzi al Crocifisso. Si attribuisce la paternità di quest’opera a Raffaele Barone, attivo a Castrovillari dal 1827 al 1861. Possiamo ammirare questa tela nel primo altare a sinistra.
Il quadro del secondo altare a sinistra, invece, raffigura san Michele Arcangelo che schiaccia i demoni; infatti, l’arcangelo Michele è ricordato per aver difeso la fede in Dio contro le orde di Satana. Questa tela è opera di Francesco Bruno di Cosenza ed è datata 1759.
I terremoti
A seguito del terremoto del 3 dicembre 1887 anche la chiesa di san Francesco subì dei danni: la cupola ellittica cadde durante la seconda scossa, ma il tetto resistette.
In questa triste occasione, ancora una volta, il popolo bisignanese mantenne viva la fede verso il suo santo patrono e fu proprio dopo questo episodio che la statua lignea del santo venne spostata dalla nicchia laterale dove si trovava (quella che adesso è dedicata all’Immacolata) all’altare maggiore.
I 25 morti durante il terremoto del 3 dicembre furono i primi a essere seppelliti nel cimitero di Bisignano, che era in costruzione nell’orto dei padri Cappuccini, i quali avevano lasciato la città da pochi mesi. Per far fronte all’emergenza, un decretato impediva che i seppellimenti potessero avvenire nelle chiese di Bisignano. Nonostante l’ordinanza, non mancarono resistenze classificate dalle cronache dell’epoca come episodi di fanatismo religioso. Si racconta, infatti, che l’allora parroco don Giacomo Capocasale, non curandosi delle disposizioni date, fece correre voci che avesse avuta una visione del santo con le ginocchia nere dalle preghiere, fatte per implorare le grazie divine in Bisignano, e invitò i fedeli ad accorrere in chiesa per il giorno di venerdì 6 gennaio 1888 a recitare le litanie e incitare allo sgombero delle macerie. Lo stesso sacerdote, si sacconta, pare abbia cercato di indurre al seppellimento dei cadaveri nella fossa posta nel piazzale della chiesa di san Francesco anziché nel cimitero comunale.
San Francesco da Paola fu scelto protettore della città già nel furioso terremoto del 14 luglio 1767 insieme a s. Giuseppe, s. Domenico, s. Antonio da Padova e s. Filippo Neri. È rimasto patrono della città fino al 13 maggio 2015 quando l’arcivescovo Salvatore Nunnari ha dichiarato sant’Umile patrono di Bisignano.
La statua di san Francesco
L’attuale statua lignea di san Francesco, posta sopra l’altare maggiore della chiesa, venne fatta realizzare dal Seggio di Nobiltà di Bisignano. Il 28 settembre 1788, infatti, come risulta dai verbali, veniva stabilito di fare costruire una nuova statua del protettore san Francesco, in ottimo legno e più leggera di quella esistente per facilitarne il trasporto in processione. Quella che noi oggi conosciamo, dunque, non è la stessa statua cui faceva riferimento mons. Perbenedetti nella sua relazione del 1630.
Il bastone d’argento che adorna la statua nelle solennità, fu fatto fondere a Napoli da Pasquale Barone. Questi, per devozione, fece dono al santo del bastone per avergli salvato la vita a causa di una ferita alla mano sinistra, riportata anni prima in un duello. La memoria locale tramanda che il gentiluomo fu coinvolto nello scontro per conquistare la mano di un’avvenente fanciulla partenopea.
Il soffitto ligneo cassettonato
La navata unica della chiesa paolotta di Bisignano, 27×10 metri circa, è delimitata e conclusa, in altezza, dal controsoffitto ligneo a cassettoni (o lacunari). Di esso si ha già traccia nei primi decenni del XVII secolo, come emerge dalla relazione della visita apostolica alla Diocesi di Bisignano del vescovo Perbenedetti nel 1630. Al centro del manufatto ligneo, ad interruzione della fitta sequenza delle cavità dei cassettoni, è stata successivamente inserita la tavola con l’immagine dell’iconografia classica di san Francesco da Paola, con il saio marrone scuro simile a san Francesco d’Assisi, barba corta e un bastone alla cui estremità è un cartiglio con la scritta Charitas, datata 1719. Questa datazione sarebbe coerente con l’ipotesi di successivi interventi di restauro e completamento, eseguiti tra la fine del 1600 e la prima metà del 1700, da cui deriverebbero le forme di matrice barocca attuali, nella ridondanza di stucchi e decorazioni a corredo degli altari e dei paramenti murari e nella stessa copertura cassettonata dell’aula sacra.
Le forme geometriche di riferimento, per la base delle cavità dei 98 cassettoni di cui si compone il soffitto della chiesa, sono il rettangolo e il rombo, quest’ultimo a correre lungo tutto il perimetro del soffitto, incorniciandolo e sottolineando la ricchezza dei motivi formali decorativi che ne completano la manifattura.
Il soffitto ligneo cassettonato, fortemente degradato e compromesso nella sua integrità materiale, è stato oggetto di importanti interventi di restauro negli anni ’80 e restituito al nostro sguardo nel 1990, in occasione della celebrazione del 475° anniversario della fondazione della chiesa e del convento dei Minimi di Bisignano.
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