Distopia ’70, puntata 3 (a cura di Pietro Lirangi)

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DISTOPIA ‘70 – PUNTATA 3

L’appoggio di Licio Gelli anche se a condizioni ha rappresentato l’accensione della macchina organizzativa del golpe.
Per tutto l’anno 1969 Junio Valerio Borghese gira l’Italia cercando di coordinare tutte le componenti a sostegno del colpo di Stato.
Tutto passa dai finanziamenti, avere ingenti risorse finanziarie per reggere lo sforzo dell’operazione è vitale.
Nell’incontro a Villa Wanda, il Gran Maestro indica al Comandante come supporto finanziario il gotha dell’imprenditoria genovese come sostegno al golpe.
Gelli seleziona un numero ristretto di imprenditori appartenenti alla sua loggia massonica e fissa un incontro dal quale dovrà uscire fiducia e grosse somme di denaro…
Borghese si dirige a pochi km da Genova, verso una villa a picco sul mare, ignora chi possano essere i sostenitori che dovranno armare economicamente il suo esercito parallelo.
Entrato nel gigantesco soggiorno di quella lussuosa dimora, Borghese si trova d’avanti gli Armatori Alberto e Sebastiano Cameli, l’Imprenditore del caffè Tubino, il direttore dell’Imi Luigi Fidelini… ma sgrana gli occhi quando vede a qualche metro di distanza l’uomo che coordina praticamente le aziende più strategiche del paese, Andrea Piaggio….
Dopo aver spiegato nei minimi dettagli tutto ciò che comporterà il Golpe, il Principe nero sa che deve fare una cosa sola: incutere paura. Nulla di nuovo, è una di quelle cose che gli riescono bene…
Quel pomeriggio in quella villa il terrore anima ogni sguardo in quella stanza. Il Principe Nero fa quello che gli riesce meglio, li fissa a uno a uno, senza abbassare lo sguardo prende la parola, sa che colpirà: «Signori, vi trovate dinnanzi a una scelta, una scelta che non ha alternative, sta a voi. O aderite al nostro progetto sostenendolo finanziariamente o rimarrete a guardare a braccia conserte alla vostra fine».
Andrea Piaggio cerca di rispondere cercando di dargli del catastrofista, ma Borghese, non sentendo neanche quelle parole, alza ulteriormente i toni: «Quando il Pci sarà al governo di questo Paese e passerà al patto di Varsavia il prezzo da pagare sarà ancora più alto rispetto a ciò che vi stiamo chiedendo»
Con guardo fisso su Andrea Piaggio, conclude: «Quello che rischiate è la sottrazione delle vostre aziende, dei vostri sacrifici, la statalizzazione è la vostra morte pubblica». Seguono cinque minuti di silenzio, un silenzio che ha il rumore assordante di mille carrarmati russi, mille carrarmati comunisti, perché il pericolo in Italia è sempre rosso, senza aver mai governato. Il nero che ha fatto danni, invece, è un palliativo, è un’occasione di prestigio e arricchimento personale.
L’appoggio, dopo quell’incontro, è totale: gli imprenditori mettono fin da subito risorse e uomini di fiducia a disposizione del Comandante. Due giorni dopo quella riunione, nella sede del Fronte Nazionale arriva un uomo, magro scavato nel volto e nel fisico, un uomo dallo sguardo ombroso. Quell’uomo, senza presentarsi, tira dritto verso l’ufficio di Junio Valerio Borghese con passo spedito, nonostante gli uomini di del comandante cerchino di fermarlo entra in quella stanza.
E con poche parole si trasforma in un fulmine a ciel sereno per i golpisti: «Comandante l’operazione è da ritenersi conclusa sin da subito…»
Chi è quell’uomo?
Perché mette la parola “FINE” all’intera operazione?
FINE PUNTATA 3