Addio a Otello Profazio, il cantastorie che ha fatto cantare il Sud

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Otello Profazio, uno dei più grandi cantautori e cantastorie italiani di genere folk, è morto questa notte a Reggio Calabria, dove era ricoverato in gravi condizioni.

Aveva 88 anni e una carriera lunga e ricca di successi. Nato a Rende da una famiglia di ferrovieri, Profazio ha rielaborato e reinterpretato molte canzoni della tradizione calabrese e meridionale, oltre alle poesie in lingua siciliana di Ignazio Buttitta. La sua arte autenticamente popolare era apprezzata in tutta la Calabria, in Sicilia e nel resto del meridione, ma anche all’estero, dove si è esibito in numerosi concerti.

Il cantante Otello Profazio con il liutaio Nicola de Bonis (Foto G.Braile)

Tra i suoi strumenti preferiti c’era il mandolino, che usava per accompagnare le sue melodie. Profazio apprezzava molto la liuteria De Bonis di Bisignano, una famiglia di artigiani che da secoli costruisce strumenti musicali a corda di alta qualità. Profazio si recava spesso nella bottega di Nicola e Vincenzo De Bonis, i più grandi maestri della liuteria bisignanese, per acquistare o far riparare i suoi strumenti. Profazio considerava De Bonis un amico e un artista, e lo stimava per la sua abilità e la sua passione.

Ha partecipato a trasmissioni radiofoniche e televisive negli anni sessanta e settanta, come Questo e quello, condotta da Giorgio Gaber, e Canzonissima. Ha scritto per 15 anni la rubrica Profaziate sul quotidiano Gazzetta del Sud e ha pubblicato diversi libri. Tra le sue canzoni più famose, ricordiamo Qua si campa d’aria, che gli valse il disco d’oro per aver venduto oltre un milione di copie, l’unico cantante folk italiano ad aver raggiunto questo traguardo.

Altre sue opere celebri sono Il brigante Musolino, I paladini di Francia, Colapesce, L’Italia cantata dal Sud e La ballata del bergamotto. Profazio è stato insignito del premio Tenco nel 1991 e considerato l’Omero di Calabria per la sua capacità di raccontare storie e leggende del Sud con ironia e poesia. La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile nella cultura musicale calabrese.