In ricordo del prof. Abbruzzo: “È stato protettore del tempo”

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Giuseppe Abbruzzo è stato per me un amico, uno scrittore, un punto di riferimento negli anni della mia formazione. Se n’è andato in silenzio, con la stessa discrezione con cui aveva spesso attraversato le strade della sua Acri.

Aveva uno sguardo attento sulle cose del mondo e quella singolare abitudine di raccogliere storie di Acri e della Valle del Crati che gli altri lasciavano cadere a terra.

Oggi il suo nome rimane sospeso tra le pagine–ricerca che ci ha lasciato: opere che, grazie a lui, non andranno perdute. Giuseppe, che si era impegnato anche in politica fino a ricoprire la carica di Consigliere provinciale, apparteneva a quella ristretta schiera di uomini che non si limitano a “studiare” il luogo in cui sono nati: lo abitano, lo ascoltano e lo restituiscono agli altri trasformato in memoria condivisa.

Ricercatore di tradizioni, fondò Confronti, il periodico che ha custodito voci antiche e la storia minuta e preziosa della città di Acri e della provincia cosentina. Giuseppe Abbruzzo aveva il dono raro di trasmettere rispetto per ciò che è stato e fiducia in ciò che può ancora essere. Ogni suo scritto – un saggio, un articolo, una testimonianza – nasceva da un profondo senso di responsabilità verso la sua terra.

Ricordo alcune delle sue opere:

Terrore ad Acri: 1806–1811;

Bruzio’ deve tacere;

Don Vincenzo e il “Teologo”;

U Misi ’e Natali nella tradizione popolare del cosentino;

La medicina popolare in Calabria (quest’ultima scritta con Massimo Conocchia).

Ho avuto il privilegio di partecipare con lui a diverse iniziative culturali, anche nei paesi arbëreshë che portava nel cuore. Giuseppe non era soltanto un autore: era un interprete delle radici. Raccoglieva usanze popolari, ricostruiva vicende dimenticate, illuminava figure che rischiavano di restare nell’ombra. Chi lo ha conosciuto ricorda la sua pacatezza, la sua ironia sottile, la capacità di trasformare un dettaglio in un racconto vivo. Con la sua scomparsa non perdiamo solo una voce autorevole: si chiude una porta che per decenni si era aperta sul passato, sulle tradizioni, sulla memoria di una comunità.

Ma il suo lavoro resta, come resta quel filo invisibile che unisce chi racconta a chi ascolta. Oggi Acri lo saluta con gratitudine: per ciò che ha scritto, certo, ma soprattutto per ciò che ha custodito. Perché Giuseppe Abbruzzo non è stato soltanto un cronista della storia; è stato, a suo modo, un protettore del tempo. E il tempo, quando incontra uomini così, non li cancella. Li conserva.

Rosalbino Turco

Presidente centro Studi di Arte e Cultura “G:Pintorno”