Tutto quello che non avresti mai voluto leggere in così poche righe*

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Non ti azzardare. Non è roba per te. Su! Su! Tienitene alla larga. Non c’è trippa per gatti. Cosa vuoi che ti (r)assicuri io? Tu hai bisogno di ben altro, caro/a mio/a! Stattene alla larga, meglio per te. Te lo giuro. Niente da offrire alla tua ostinata, ostentata, ruffiana indifferenza/diffidenza. Volta pagina, suvvia! Non una riga in più. Mettici una bella pietra sopra. Lascia stare. È un ordine. Io non ho da offrire che dubbi e domande, domande e dubbi. C’è pur sempre Facebook ppi tia!

Il bentelan spray in saccoccia, lungo sentieri già vissuti. La piazza del diamante fra le mani e Kollaps tradixionales dei Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra nelle orecchie. “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
/ anzi d’antico: io vivo altrove, e sento
/che sono intorno nate le viole. (L’aquilone, Giovanni Pascoli.)” Qualche asparago selvatico da non raccogliere** e l’odore pungente di erba tagliata. Affunata a quell’ulivo scorticato dagli anni e dai malanni, instancabile, la vacca Primavera, a scacciar mosche con la sua infaticabile coda. “Ma come cazzo fai a leggere così!” Ed io: “mi alleno a non capire.” “Domani è festa e tutto il paese già freme per la processione./ Signora sia generosa/ I santi martiri gioiranno in cambio di qualcosa. (Perturbazione Atlantica, Carmen Consoli)” Santa e comunque Pasqua ma un altro giorno che passa, per fortuna. Il Cristo morto, sepolto e poi risorto. Vada pure per il cioccolato, ma solo fondente per carità di Dio!

…E Domineddio dall’alto della sua nuvola rosa, nella Sua serafica imperturbabilità, a giocare a freccette. “E vediamo se mo’ sbaglio, finalmente!” Il Suo plurale maiestatis e tutte in fila le mie perplessità: Domineddio non può sbagliare neanche un tiro, è Dio non certo per mera questione di culo!” Qualche volta a provarcisi di proposito, a bell’apposta, a sbagliare, per una bislacca fanciullesca smania di gioirne. E ogni tiro una saetta, un fulmine, una cataclisma (e per certi versi clisma tout court). E dopo il sacrificio le vittime tumulate nei vostri orribili cimiteri nel nome di quell’unico Iddio. La giustizia divina alibi, scongiuro, profferta. Il figlio grumo di carne e sangue e la banalità del male. “Sono, ma sono anche l’altro, il morto/ l’altro con il mio sangue e il mio cognome;/ sono un vago signore e sono l’uomo/ che fermo le lance del deserto. (Junín, 1966, Jorge Luis Borges)

Lungo il crinale le colline slabbrate, in un sorriso sguaiato, paralitico. Come enormi stuzzicadenti i pali del telefono, in un’inclinazione per nulla ortogonale. Sui fili corvi, gazze, assillanti le tortore in un monotono richiamo che suona occupato. Una vecchia signora smargiassa ad avanzare l’idea bislacca di stenderci il bucato ad asciugare al sole su quei fili penzolanti a terra, figurarsi! Impertinente un corvo ramingo a suggerire: “i maestri vanno mangiati in salsa piccante (Uccellacci e Uccellini, P. P. Pasolini)” La Telecom e le altre company a far carte false e spartirsi il mercato dell’abusato. La pubblicità a correre sul wire-less e la sua nocività lampante a non fruttare clamore alcuno. La voce “PUB-BLI-CO” a declinarsi esclusivamente nel suo significato sostantivato: il pubblico pagante, il pubblico che applaude, il pubblico tele-votante (0,75 €/  1.00 € a chiamata, I.V.A. inclusa o esclusa scusate ma ghiu ‘un ci affittu a chiru scrittu!) E poi a navigare una bracciata dietro l’altra, rimanendo a galla ma con difficoltà, quasi fermi. …Banda larga un corno, ecco! L’altro corno del dilemma a palesarsi sic e simpliciter come pura questione d’interessi a tasso invariato: altro che conflitti! Le ciurme di Raiset a svendere il digitale lunare come cornucopia di sogni a gambe dischiuse per una penetrazione più capillare.

Se niente importa” di Jonathan Safran Foer (Guanda) già in libreria. L’ipad in vendita già America, e giù tutti a scapicollarsi per comprarlo senza che si sappia nemmeno a che cazzo serve. I bisogni indotti e il pubblico belante, adorante, sognante. Il mio ipod classic 120 GB di nuovo in blocco: fanculo Steve Jobs e la sua Apple Macintosh del cazzo! Le canzoni a soccorrermi dall’ennesima incazzatura di troppo. A voi che vi piace di farvi fregare/ dai nati vincenti, dal navigatore / dalla macchina nuova e dal suo fetore/ dalla prova finale dall’uomo che muore (Andate tutti Affanculo! Zen Circus)”  E poi il già risaputo: pure Fabrizio “Faber” De Andrè nella sua vita ha ricopiato canzoni***” Il copia ed incolla ante litteram! …Ma poi Cristo Santo, chissà dove Dio avrà preso il calco per le sue benedette creature? E chissà perché il Supremo si sarà inventato lo svago a poco prezzo della concupiscenza dei sensi, visto il terrorismo sul sesso, in tutti questi secoli, del sacro imperio della chiesa cattolica, apostolica e romana?

E tu esimio lettore a non capirci più un’acca in questa mia co(s)mica confusione abissale. Colpa tua, caro/a mio/a! Chi è causa del proprio mal pianga se stesso recita la proverbiale atavica sentenza. Questione di semenza o di scemenza (una lettera in più a volte…). Tutta colpa tua, esimio/a! Suvvia, abbandona finché ne hai volontà e forza! Non sai ancora che altro t’aspetta!

Intanto una pagina a strapparsi, espediente e pre-testo. Ed io che non leggo mai ad alta voce, per abitudine e per imbarazzo del mio accento, a fregarmene: “E avvertii forte il trascorrere del tempo. Non il tempo delle nuvole e del sole e della pioggia e il passare delle stelle ornamento della notte, non il tempo delle primavere dopo il tempo delle primavere e il tempo degli autunni dopo il tempo degli autunni, non quello che mette foglie sui rami o quello che le stappa via, non quello che increspa e i leviga e colora i fiori, ma il tempo dentro di me il tempo che non si vede e ci impasta. Quello che ruota e ruota in cuore e lo fa ruotare con sé, e ci va cambiando dentro e fuori e pazientemente ci va riducendo come saremo l’ultimo giorno. (pag. 199, La plaça del Diamant, Mercè Rodoreda****)”

L’Innominabile dall’alto della sua nuvola rosa, tutto giulivo, a giocare a rimpiattino e a barare a scopa. E’ Pasqua pure per Lui, almeno una volta l’anno, e che cazzo! Il Suo verbo è una condanna senza scampo d’altro canto. “Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
 Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del maree sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». (Genesi 1, 27-28)”

Rosario Lombardo

*Domineddio, stuzzicadenti e del pubblico il ludibrio. Lettura vivamente sconsigliata ai palati di bocca buona.
**Per via della schiuma dei Canadair usata per spegnere gli incendi delle scorse estati, per via delle discariche improvvisate lungo i fossi, per via…
*** Il blog di Valerio di Stefano: “La canzone dell’ amoreperduto” non e’ (tutta) di De Andre’ (ecco, ora come la mettiamo??) http://www.valeriodistefano.com/public/post/la-canzone-dell-amore-perduto-non-e-tutta-di-de-andre-ecco-ora-come-la-mettiamo-2508.asp
**** Pubblicato da La Nuova Frontiera nella collana Il basilisco. Trad. di Giuseppe Tavani.

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