Storia di un imprenditore in difficoltà

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Ci sono storie che un giornalista non vorrebbe mai raccontare, fatte di sofferenze, di delusioni e di un destino che, all’improvviso, gira dalla parte opposta senza lasciare certezze. Franco Serpe, ex imprenditore luzzese, è un uomo che si è ritrovato a 64 anni senza sicurezze per il futuro. Quella di Serpe è una vicenda dolorosa, contemporanea per la crisi economica italiana. Franco Serpe era un imprenditore, gestiva un’azienda di autotrasporti e aveva alle sue dipendenze dodici persone: non era, ovviamente, miliardario ma dava dignitosamente da mangiare a dodici famiglie, a sua moglie e ai suoi figli. Franco che si è esposto in prima persona, in un’azienda gestita quasi a livello familiare, tanto era l’affetto reciproco con i suoi dipendenti. La vita dell’imprenditore e della sua famiglia, però, è cambiata circa dieci anni quando iniziano i primi problemi. Due incidenti dei suoi camion, uno avvenuto in Puglia e l’altro in Sicilia, mettono in difficoltà Serpe che, in poco tempo, si trova sempre più con l’acqua alla gola. La spirale burocratica lo risucchia e Serpe è costretto a prendere una decisione drastica: «Non ce la facevo più con le tasse – ha affermato – e sono andato ad abitare in un cassone di camion». Da questo momento inizia un’altra vita per Franco. In contrada San Vito, nella campagna luzzese, è costretto a ricominciare daccapo, perché a una certa età trovare lavoro è un’impresa e il reinserimento sembra più un terno al lotto che non un sacrosanto diritto. Un filmato su youtube (più di mille le visualizzazioni, ndr) mostra quella che è diventata l’abitazione dell’ex imprenditore. La «scala mobile d’ingresso», come la definisce Franco, è una pila di blocchi di cemento armato che permettono di entrare nel cassone. Dentro, un lettino con qualche coperta, uno spazzolone e la scopa per mantenere un po’ di ordine, qualche sedia e una stufa, con la corrente passata dal figlio durante il giorno.

Di notte Franco è costretto a svolgere le sue funzioni fisiologiche in un bidoncino di detersivo vuoto: una sorta, quindi, di pitale adattato, poiché al buio, soprattutto d’inverno, non può rischiare di assiderare al gelo uscendo dal cassone. Oltre al gelo, è la pioggia a rappresentare una minaccia concreta, poiché l’acqua entra nel cassone, con l’umidità ben visibile. Il dramma umano di Franco è una vicenda che si rispecchia con la crisi italiana, con una persona che a 64 anni è costretta a soffrire, non ricevendo neanche una pensione (per la minima dovrà aspettare ancora qualche anno), che sia qualche sussidio o aiuto di alcun genere. «Non cerco l’elemosina da nessuno – dichiara – tutti sanno in quale situazione vivo: non so cosa fare, ho 64 anni, nessuno mi dà lavoro per l’età, anzi non c’è proprio lavoro in giro ormai. Nessuno mi ha mai dato niente, non ho mai ricevuto una lira da nessuno». Mostra anche delle bollette che, seppur con fatica, cerca di pagare, mentre gli scappa una risata amara quando tiene in mano la sollecitazione dell’Equitalia, che gli chiede 117 euro. Franco si arrangia come può, con qualche lavoretto, ed è più la solitudine, che la crisi, a lasciare spiazzati in questa storia, per una persona che vorrebbe «solo una vita dignitosa e un aiuto morale». Non ha perso la voglia di vivere e di combattere e, nei suoi occhi, traspare anche tanta dignità, la stessa che gli permette di camminare, comunque, a testa alta, sempre ben voluto da tutti. Sul web qualcuno timidamente si è offerto di aiutarlo, mentre alcuni amici hanno incominciato a sensibilizzare l’opinione pubblica su questa storia.

Massimo Maneggio
Fonte: Masman Blog