Riaperto il caso Bergamini: “Il calciatore fu ucciso dalla ndrangheta”

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E’ stato riaperto il caso di Donato Bergamini, centrocampista del Cosenza Calcio, morto a 27 anni il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico (CS). Ufficialmente Denis si è suicidato, lanciandosi sotto un camion al chilometro 401 della statale 106 jonica dopo essere scappato dal ritiro e aver litigato con la fidanzata.

Nelle indagini iniziali si è sempre ipotizzato il suicidio ma i familiari si sono sempre battuti contro questa tesi, ritenendo che si sia trattato di omicidio.Per questo motivo la procura di Castrovillari ha deciso di riaprire il caso. Ventidue anni dopo viene sentita dalla procura in qualità di testimone, Isabella Internò, l’ex fidanzata del calciatore.

Della vicenda di Denis Bergamini si è occupata ieri sera la trasmissione televisiva “Chi l’ha visto”. In studio, con Federica Sciarelli, c’erano ospiti il padre del calciatore morto, Domizio, la sorella Donata, e l’avvocato Eugenio Gallerani, il quale ha reso noto che, nei giorni scorsi, ha ricevuto una lettera anonima, recapitata presso l’ordine forense di Ferrara, ma non ha reso noto il contenuto e anzi il legale ha rivolto un appello all’estensore della lettera perchè si metta in contatto con lui. Il legale, intervistato da una troupe della trasmissione di Rai Tre che segue la famiglia di Denis nella ricerca della verità  ha chiesto di essere contattato per un colloquio riservato. A rinforzare la sua preghiera è andato in onda anche l’appello di Damiano Tomasi, presidente della Federazione calciatori: “Ci sono tutti gli elementi per portare a fondo l’indagine, questa è l’occasione giusta per raccontare ciò che si sa”.

Il giorno della scomparsa Bergamini è in ritiro con la squadra. Sono al cinema. Michele Padovano, l’ex attaccante della Juventus appena condannato a otto anni per traffico di sostanze stupefacenti, è il suo compagno di stanza. Racconta che quel giorno, verso le 15 e 30, Bergamini ricevette una telefonata che lo “turbò moltissimo”. Mezz’ora dopo, prima dell’inizio del film andò via. Prese la sua Maserati e si fermò sotto casa della fidanzata, Isabella Internò. La ragazza racconta che salita in auto Denis le chiese di accompagnarla a Taranto perché doveva imbarcarsi. “Voleva lasciare l’Italia per le Hawaii o le Azzorre”. Perché dovesse partire dal porto di Taranto per andare in posti esotici è un mistero.  “Alle 17 e 30 – racconta a verbale un carabiniere, Francesco Barbuscio, all’epoca in servizio alla stazione di Roseto Capo Spulico – l’auto di Bergamini veniva fermata al posto di blocco, capeggiato dallo scrivente, per poi proseguire e fermarsi a circa 4 chilometri da Roseto, esattamente al Km 401, in uno spiazzo posto sulla destra. Qui hanno conversato e secondo la fidanzata, aveva come oggetto la sua partenza dall’Italia, tanto che ebbe a dirle di tornarsene a Cosenza con la sua auto, mentre egli avrebbe chiesto l’autostop fino a Taranto. La ragazza gli raccomandava di desistere ma Bergamini usciva dall’auto. In quel momento la statale 106, con direzione Taranto, veniva percorsa dall’autocarro Fiat 180. Appena il pesante autocarro era giunto in corrispondenza della Maserati, Bergamini si è lanciato buttandosi sotto la ruota anteriore del mezzo trascinandolo in avanti”.

Adesso si resta in attesa che procedano i controlli e gli interrogatori della procura, la quale per la prima volta ascolterà la versione delle diverse persone coinvolte negli accadimenti, come il proprietario del ristorante dove la ex-ragazza di Denis cercò aiuto. “Del testimone oculare che durante il primo processo raccontò di avere visto il giovane in piedi in mezzo alla strada, prima che avvenisse l’impatto con il mezzo pesante – ricorda Federica Sciarelli -, purtroppo non si hanno notizie rassicuranti. Anch’egli infatti è stato condannato per spaccio”.

Intanto l’amico e compagno di Bergamini, Michele Padovano è stato condannato a 8 anni per traffico di droga. “Sono decine i calciatori vittime dello spaccio di Padovano, è un cancro da estirpare – scrive il padre di Mark Iuliano sulla sua pagina facebook – Padovano era un trovatello cresciuto in un orfanotrofio, spacciava già da ragazzo. Dio gli diede la possibilità di cambiare e invece portò la sua diabolica inclinazione nel calcio. Mio figlio lo stimava anche perché quando era bambino era il suo idolo nel Cosenza, quando gli fece l’assist in Coppa Campioni e Padovano segnò di testa, Mark toccò il settimo