Padoin, il simbolo di una generazione di italiani

Letture: 3435

Ci sono calciatori che si guadagnano fama e popolarità in Rete con le gesta in campo (tipo Ibrahimovic) o con quelle fuori dal campo (come il “bomberismo” di Vieri). Altri invece assurgono alla gloria eterna senza fare niente, semplicemente perché sono quello che sono. È stato il caso del fenomeno Moscardelli ma soprattutto del caso delle ultime settimane: SIMONE PADOIN, che alcuni tifosi vorrebbero vedere in campo per le prossime (inutili) partite di campionato addirittura con la fascia di capitano.

Padoin è diventato fenomeno di Internet, piccolo idolo dei tifosi della Juventus ma anche figura che riscuote simpatia trasversale. Come è possibile che un modesto giocatore si prenda le copertine dell’Internet a discapito di gente come Tevez (che ok, non è un gran bel vedere da mettere in copertina, però siamo d’accordo che è più forte di Padoin)?

La verita? Non lo so, però ho una mia teoria. E con queste teoria cercherò di dare lustro agli anni passati a studiare filosofi morti. La mia idea è che Padoin riscuota simpatia fra i tifosi perché è il simbolo di un’intera generazione di italiani, quelli di età fra i 20 e i 30 anni, quelli che maggiormente usano Facebook e affini – luoghi dove Padoin sta spopolando con pagine divertenti a lui dedicate.

Si tratta di quella generazione di studenti e post-studenti che cercano negli anni della crisi di ritagliarsi ogni spazio possibile, i figli illegittimi della flessibilità. Ragazzi che per mantenersi agli studi o per inserirsi nel mondo del lavoro dopo la laurea passano con più o meno disinvoltura dal lavoro nel call-center al cameriere, dai tirocini in aziende pubblicitarie agli stage non retribuiti in fondazioni di vario genere. Svolgere il proprio compito al meglio, fare esperienza. Tutto ciò per riuscire in qualche modo a ritagliarsi il proprio spazio fra i grandi vecchi che, approfittando del benessere – poi rivelatosi insostenibile – degli scorsi decenni sono diventati i “gloriosi” uomini al comando.

Padoin, nel mondo del pallone, è un po’ la trasposizione di tutto questo. Non è un giocatore dai mezzi eccelsi, non si capisce che contributo possa dare lui a una squadra come la Juventus che può contare su fuoriclasse come Tevez, Pogba, Pirlo. Come fa Padoin a starsene con tranquillità in mezzo a Marchisio e Vidal?

Padoin è giocatore flessibile: può giocare sia in difesa come terzino che a centrocampo, dove ricopre praticamente tutti i ruoli; è stato esterno nella linea a 5, interno quando si è giocato a 3, addirittura schermo davanti la difesa con l’Empoli. Insomma, anche Padoin ‘passa con disinvoltura’ da un mestiere all’altro. Ma sempre quei mestieri senza gloria, il ‘lavoro sporco’: non è uno di quelli che segna, è uno di quelli che suda per recuperare palloni.

E poi Simone Padoin è un “lavoratore: non ha mezzi tecnici elevati, è vero, ma ovunque giochi prende sempre il suo onesto 6 in pagella. ‘Svolge il suo compito al meglio’, è una piccola grande garanzia. Padoin ci piace perché è l’onesto lavoratore che facendo esperienza un po’ qui e un po’ lì è arrivato lì dove anche noi vogliamo arrivare: ritagliarci il nostro spazio, avere la nostra piccola ‘mattonella’ al Bernabeu vicino a mostri sacri come Cristiano Ronaldo.

E magari riuscire anche noi, nel nostro piccolo, a “vincere scudetti alla Padoin”.

Che poi, se ci pensiamo bene, ne ha vinti più lui che Platini, Maradona o Baggio…

Mario Iaquinta