La Calabria piange Mario Monicelli

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Ieri sera il cinema ha pianto, e con lui tutta la Calabria. Mario Monicelli, il combattivo padre della commedia italiana ieri sera, verso le 21, ha combattuto la sua ultima battaglia, lanciandosi dal balcone dell’ospedale in cui era ricoverato per un tumore alla prostata.

Stretto era il rapporto che legava il cineasta alla Calabria: più volte era stato ospite del Magna Grecia Film Festival e più volte aveva scelto la nostra regione come location per i suoi film, come “L’armata Brancaleone”.
Ormai novantacinquenne, nella sua lunga carriera, che annovera più di 70 film solo come regista, aveva stigmatizzato le miserie umane del belpaese riflettendo, come in uno specchio, la realtà sociale che lo circondava di cui era attento indagatore, quei vecchi e nuovi mostri protagonisti della sua balzachiana commedia umana.

“I soliti ignoti”, “La grande guerra”, “Un borghese piccolo piccolo”, “Il marchese del grillo”, “Amici miei”, queste alcune delle sue opere più celebri vere e proprie pietre miliari del cinema italiano e internazionale, che gli valsero un Leone d’oro alla carriera nel ‘91 e una nomination all’Oscar, fino alla sua ultima opera la “Nuova armata Brancaleone” un cortometraggio-burla, scritto a quattro mani col regista calabrese Mimmo Calopresti, con cui, schierandosi a fianco degli studenti, polemizzava contro i tagli alle istituzioni culturali e allo spettacolo, invitando tutti i giovani alla ribellione e alla protesta.

Ed è proprio per questo suo animo da combattente per definizione, come era Monicelli, che stupisce la sua decisione finale.

“Il saggio vivrà quanto deve, non quanto può” scriveva Seneca ed è forse questo il pensiero che ha attraversato la mente del grande regista, l’idea che la vita sia degna di essere vissuta solo finché ci consente di fare ciò che vogliamo.

La stanchezza di una malattia allo stadio terminale che gli impediva di essere autosufficiente, una solitudine evidentemente molto avvertita, l’hanno così portato a fare per l’ultima volta la sua scelta, volitivo nella vita così come nella morte.

Annamaria Mazzacuva
su: Reggiotv.it