Internet non funziona? Si diventa vittime di una disuguaglianza

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Il giudice riconosce «l’ingiustizia digitale» La sentenza Violato il diritto della donna a garantire l’istruzione ai propri figli attraverso Internet. «Enorme disagio psicologico» C’è il diritto al lavoro, il diritto allo studio e pure il diritto a essere connessi. In Rete, navigatori, informatizzati. Lo ha stabilito un giudice di pace di Trieste, Stefania Bernieri di Lucca, che si è trovata di fronte a un caso minimo per sancire un principio innovativo. Il caso è quello di una casalinga e dei suoi tre figli rimasti per oltre quattro mesi senza Internet e per oltre due mesi senza telefono per un disservizio del gestore. Il principio è nelle motivazioni della condanna della compagnia telefonica: un risarcimento del danno non solo patrimoniale (1.600 euro) ma anche esistenziale (800 euro), riconoscendo lo stress causato dall’impossibilità di connettersi. «La signora ha subito un’apprensione angosciosa prodotta dalla situazione, un turbamento che ha inciso direttamente sulla sua sfera emotiva e relazionale – scrive il giudice -. Danno considerato particolarmente grave in un’epoca in cui la comunicazione è fondamentale in ogni aspetto della vita».

E ha accolto così il principio di «disuguaglianza digitale» invocato dall’avvocato Giuseppe Turco, difensore della signora, il quale parla così: «È un diritto alla comunicazione, a non essere isolati dal mondo, a poter accedere a quella grande biblioteca informatica che è Internet». Il legale definisce la Rete uno strumento indispensabile del diritto allo studio e all’istruzione dei figli, entrambi tutelati dalla Costituzione. Diritti che sarebbero stati negati alla donna e ai suoi tre figli, due studenti universitari e una liceale: «Non hanno potuto fruire di un mezzo così importante per le loro ricerche in ambito scolastico. Volenti o nolenti, nel momento in cui questi strumenti entrano a far parte della vita la condizionano e il distacco è un danno». Nel caso specifico è stato anche considerato l’ulteriore disagio provocato dall’assenza della linea telefonica, i mancati contatti, la nonna malata che non poteva essere assistita. Insomma, le mille quotidiane relazioni che passano per cavi e computer. «Necessità rispetto ai rapporti familiari e a ogni interlocutore esterno», conclude il giudice.

Fin qui il caso triestino, rispetto al quale la compagnia telefonica ha prima opposto la mancanza di prove del danno esistenziale per poi chiudere tutto pagando il dovuto. Chiusa la vicenda, si è aperto il dibattito. Perché la dottoressa di Lucca non sarà la Cassazione ma il precedente l’ha creato e ora molti cittadini potrebbero rivendicare lo stesso diritto.

Un cultore della materia come Carlo Rossello, docente di Nuove tecnologie e autore di saggi scientifici sulla regolamentazione di Internet, è combattuto fra due pensieri: «Da una parte trovo interessante l’affermazione del diritto a essere connessi, un principio che guarda al futuro e da prendere in seria considerazione. Dall’altra invece sono perplesso quando sento parlare di danno esistenziale, che intasa di fascicoli i già congestionati tribunali italiani. Nel 2008 la Cassazione ha posto fine a questo “istituto” prevedendo solo tre eccezioni, fra cui quella della violazione del diritto costituzionale al quale si è abilmente agganciata la difesa della signora». Rossello tira in ballo il digital divide , il divario digitale esistente fra chi può navigare e chi no, fra chi può sfruttare la fibra ottica, il satellite e chi no. E allora i confini si allargano e la questione si complica perché le potenziali «vittime» crescono in misura esponenziale. Sulla stessa lunghezza d’onda Gianluigi Fioriglio, autore di «Temi di informatica giuridica» e di una ventina di pubblicazioni in materia: «È auspicabile il diritto a essere informati ma mi sembra poco solido il danno esistenziale derivante da una mancata connessione, a meno di casi di particolare isolamento». Nel frattempo alla porta dell’avvocato del caso Trieste hanno già bussato in due: «Un geometra e un formatore del personale. Hanno avuto problemi di connessione: vogliono i danni».

Andrea Pasqualetto 
Fonte: Corriere della Sera