In Calabria c’è bisogno del servizio sociale

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 Come dovrebbe essere  il servizio sociale in Calabria?

Il servizio sociale in Calabria legislativamente è di competenza dei Comuni,dovrebbe semplicemente esistere secondo quei requisiti specifici contenuti nelle leggi, ma presenta varie discrasie.In primis attuazione L. 328/00, art.12 e poi nella l.r. 23/2003, che rimane ad oggi senza regolamento attuativo. Ora mi chiedo è così difficile fare ciò? Evidentemente si, ed evidentemente non basta una legge, ne due a creare e far funzionare un servizio che, allo stato attuale appare frammentato (pochi i comuni che hanno la figura dell’assistente sociale  figuriamoci poi psicologo ed educatore).I distretti socio-assistenziali che potevano istituire l’ufficio distrettuale di servizio sociale di fatto hanno rinunciato, salvo qualche caso isolato.Infatti, quando poi si devono raggruppare più soggetti ognuno tira l’acqua per il suo mulino ( ma solo di tipo economico per il proprio campanile).

Vogliamo parlare dello status attuale dei dipendenti  che nelle varie forme di lavoro precario e anomalo portano avanti il servizio sociale nei  Comuni ? La stragrande maggioranza degli assistenti sociali o delle altre due figure che operano nei Comuni sono dipendenti a tempo indeterminato in possesso dei titoli ma quasi sempre inquadratidiversamente o  proviene dai lavori cosiddetti  di pubblica utilità o socialmente utili che altro non sono che “lavoratori in nero legalizzati”.

Non solo, spesso si ritrovano con le mani legate perché, non avendo un contratto regolareo inquadrati diversamente con l’ente dove svolgono la professione di assistente sociale devono in un certo senso chiedere il permesso… ( senza autonomia!).Cercando di immaginare le politiche sociali della Regione Calabria si potrebbe puntare finalmente su un welfare “pluralistico”, con un sistema allargato di governo basato sulla gestione dei servizi da parte dei comuni in forma associata (distretti socio-assistenziali), o singola se in possesso delle figure citate. Mantenendo, a livello comunale, in assenza di pianta organica sociale soltanto quei servizi che  comportano una modesta complessità gestionale (assistenza economica e alloggiativa, aiuto personale, mensa sociale e accoglienza notturna, trasporto sociale, centri ludico-ricreativi e di aggregazione sociale e altro come i ricoveri socio-assistenziali in Istituto) confermando la circ.reg. prot. Siar/189731 del 28 novembre 2011 e delegando ad essi anche verifiche di controllo sulle strutture residenziali presenti sul territorio di competenza.

Tutti gli altri interventi dovrebbero essere gestiti invece a livello associato nel distretto, recuperando e coinvolgendo  le figure che attualmente vi lavorano nei Comuni ed in possesso dei titoli. Con il trasferimento delle funzioni potranno essere potenziati gli uffici dei distretti socio-assistenziali, attraverso il distacco del personale degli uffici dei singoli Comuni dedicati ai servizi sociali.

Questo potrebbe garantire finalmente un raccordo più forte fra gli interventi sociali e quelli a livello di programmazione, organizzazione, erogazione e finanziamento. Finora si è avuto un sostanziale scollamento tra sistema sociale comunale  e servizio sociale sanitario ( affidato alle Asp), con una cattiva qualità degli interventi e un conseguente spreco di risorse. Il raggiungimento degli obiettivi di integrazione deve essere un elemento fondamentale per la valutazione sia per i responsabili dei piani sociali di zona, sia per i direttori dei distretti sanitari. Un  Piano sociale regionale, dovrebbe essere lo strumento privilegiato della programmazione delle politiche sociali sul territorio. Prevedendo,  per la stesura del Piano il coinvolgimento degli organismi del Terzo settore, delle organizzazioni sindacali e delle ASP. Per garantire la qualità degli interventi e dei servizi si dovrebbero adottare una serie di strumenti come ad esempio  da parte dei Comuni del distretto di una carta dei diritti di cittadinanza sociale, un regolamento per la gestione dei fondi economici da parte dei Comuni capofila, l’attuazione di processi di valutazione da parte dei cittadini e delle associazioni di tutela degli utenti e un monitoraggio periodico attraverso il Sistema informativo dei servizi sociali e l’Anagrafe elettronica dei servizi sociali. L’affidamento dei servizi , dovrebbe avvenire secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa escludendo il criterio del solo massimo ribasso.Infine bisognerebbe istituire  un osservatorio per combattere la povertà.

L’Osservatorio dovrebbe essere a tutti gli effetti un organismo della Regione con il compito di analizzare il fenomeno della povertà nella Calabria e di elaborare politiche innovative di inclusione sociale. La partecipazioneall’Osservatorio,  poi dovrebbe essere  allargata ai rappresentanti delle organizzazioni del Terzo settore che lavorano nel contrasto alla povertà, in modo da creare un coordinamento stabile tra le realtà che operano sul territorio.i Comuni in tempi brevi  in forma singola o distrettuale dovranno istituire il servizio sociale secondo il dettame della legge 328/2000 art.12 con le figure previste (Assistente sociale  Psicologo e Educatore) oppure non  possono svolgere tali compiti.Fermo restando  che prioritariamente si dovranno utilizzare sia nei Comuni che nei distretti le figure citate che attualmente hanno svolto e svolgono  tale lavoro a tempo indeterminato o determinato o precario, andando a sanare tutte le situazioni anomale sia economicamente che giuridicamente ( guadagno sulla spesa economica);oppure  istituire con propri fondi di Bilancio comunale gli Uffici di servizio sociale singoli o zonali.

Assistenti Sociali: Donatella Maisano e Umile Bentivedo