Il libro di Alfano finalista al premio Nabakov

Letture: 2652

BISIGNANO Il libro di Maurizio Alfano, “I rom, la razza ultima”, sta maturando una fama di tutto rispetto. L’autore bisignanese, esperto di politiche migratorie e dei temi interrazziali, è entrato tra i finalisti del “Premio Nabakov” per quanto riguarda la saggistica insieme ad altri autori di tutt’Italia. Una bella soddisfazione, unita al buon successo avuto in fase di presentazione, che dimostra, così, come il percorso letterario di Alfano sappia abbinare il giusto mix tra i contenuti e la fruibilità nel leggerli, grazie anche al vivo contatto con le realtà e i territori di riferimento. La comunità rom, in questo caso, è parte integrante del lavoro di ricerca, ben spiegata anche nella sinossi del libro di Alfano: «A questo fine le ipotesi della nostra ricerca, tenteranno di rispondere a domande finora mai, o poco esaustivamente indagate, ovvero: i Rom rumeni presenti tra di noi che grado di scolarizzazione hanno in partenza? Lasciano dei figli in Romania? Hanno una casa, o vivono in baracche? Hanno figli che studiano e che magari sono già laureati o prossimi a farlo? La ricerca indagherà pertanto quella parte nascosta di identità, che postula sulla domanda se gli zingari sono capaci di laurearsi, lavorare, di vivere in una casa, di condurre una vita normale e qualunque, come le nostre stesse vite e dentro le nostre comunità, e ancora, ipotesi secondaria quale può essere il loro apporto in un momento di crisi e grandi trasformazioni all’interno delle comunità ospitanti, e se, in subordine, sono veramente diversi e differenti da noi. Il risultato finale della nostra ricerca sarà quello di decostruire il paradigma di una identità presunta che li rende prigionieri di stigma che nulla hanno a che fare con la realtà del loro essere migranti di etnia rom». Il libro inoltre analizza se le azioni di gran parte del terzo settore sono un sostegno incisivo a creare processi virtuosi di indipendenza a favore delle popolazioni rom, o al contrario se finiscono per diventare invece un ulteriore mezzo per riprodurre stereotipi.

Massimo Maneggio