Il Grillo parlante e i pinocchi politicanti

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Gli intoccabili della casta non ci stanno e rimuginano: meglio far gli indiani. Non gli indiani di stirpe asiatica ma gli indiani di schiatta americana, ben s’intende. Nell’incastro micidiale tra teoria e prassi, ti promettono il nuovo e ti scodellano il dejà vu, s’impegnano ad aprire le porte alla società, un inchino, un baciamano, un minuetto ed un calcio in culo e la società te la sbattono subito fuori dalla porta. E come sbraitano all’unisono e di concerto al suono d’un bel vaffanculo dettato dal cuore: «e che cavolo! …Ma che volete u munnu a ra lammersa?» Nel frattempo il dilemma se accontentarsi del casting dei partiti in lizza o osare l’inimmaginabile. Accontentarsi dell’aplomb d’impiegato del catasto di Mario Monti, primo ministro in libera uscita? Accontentarsi dei funzionari partiti alla Bersani e delle sue metafore strampalate, dei Renzi innovatori, della pasionaria Bindi e dei D’Alema, Violante e Veltroni dietro il paravento? Accontentarsi del Berlusconi redivivo con un passato che grida vendetta ed un futuro da inanellare e da alienare? Accontentavi, suvvia, e siate sereni che al peggio non c’è mai fine!

A pensarci su, quasi quasi, mi verrebbe voglia di votarlo addirittura quel bellimbusto tirato a lucido d’un Berlusconi. Non per stima, sfida o vanteria. Non per cattiveria, perversione o semplicemente per vedere l’effetto che fa. Così, per restituire la pariglia a tutti voi che l’avete già votato, almeno una volta, fin dal ’94, con quella leggerezza che non ammette discussioni, e che oggi fate la morale. No, io non l’ho mai votato e mai lo farei, però qualche altro annetto…

Nel gioco di rimandi e d’assonanze: la casta, le caste, i casti, chi sciorina e chi distingue, chi bacchetta e chi s’indigna: ma che vuol quel Grillo che cicala con tutta la sua teppaglia che s’incazza? Finanche il presidente della camera Fausto Bertinotti si risentiva e ammoniva in quel lontano vaffa-day del 2007 e con icastica perifrasi stigmatizzava il vuoto della politica riempito con materiale di risulta, dimentico della sua apertura ai movimenti di solo qualche anno prima, quand’egli era ancora uno e trino: segretario del Prc, con uno scranno europeo e uno a Montecitorio. Quelli di sinistra, si sa, trovano presto la chiave giusta per accontentarsi, e il lor correre dietro a cariche e pennacchi è sempre e comunque un sacrificarsi in nome del partito, di un paese normale, del buon senso, ben s’intende. Più che di vuoto della politica si potrebbe parlare, ancora oggi, di politica, autoreferenziale e pervasiva in egual misura, che fa il pieno, o meglio di pinocchi politicanti che fanno il pieno occupando ogni spazio, ricacciando i contenuti, le idee e gli ideali in slogan ad effetto dagli schermi tivù. La politica ormai è sfrattata dal territorio (dove sezioni e circoli non esistono) e celebra il suo decadimento nello scilinguagnolo televisivo fra strilla e rivendicazioni, banalità e sorrisi.

Nel Libro dell’Ecclesiastico si dice: “com’è il capo del popolo così sono i suoi subalterni, e com’è il capo della città, così sono i suoi abitanti”. Forse c’è pure del vero in quest’asserzione, ma davvero si pensa che un voto espresso in una consultazione elettorale (primarie incluse) sia sufficiente a distinguere il grano dal loglio o ad operare delle vere scelte?

Meno male che c’è la malapolitica mi verrebbe da dire! Me lo vado ripetendo da giorni, oramai. Da anonimo cittadino e semplice (e)lettore me ne pure compiaccio, ripetendo a tutti: ve l’avevo detto io! Oppure, con sollievo, mi rincuoro: …io? Io non c’entro! Io santi in paradisi non ce n’ho. Io non ho debiti di riconoscenza da saldare. Io ne sono solo rimasto scottato dalla politica, perciò, ora non me ne frega più niente. Gongolo per tutte le pentole scoperchiate e per i politici rimasti spennati dagli schizzi, ma continuare ad inveire contro questi onorevoli che non hanno niente dell’onorevole non mi basta più. Imu o non Imu, tributi o non tributi, euro o non euro, quando si vota, non basta guardare solo al proprio portafoglio.

E’ la buona politica che mi preoccupa, tuttavia. La politica dei circoli, delle sezioni, dei club che non esistono che sulla carta. La politica che si rianima e si vede fra la gente solo durante le campagne elettorali per lo più locali. La politica dei comitati elettorali a largo raggio e dei congressi farsa (se non altro per l’esiguità degli iscritti). La politica del ‘tengo famiglia’, in barba ai sociologismi dell’intellighenzia, più o meno acculturata, che nega l’evidenza d’un familismo amorale  che tutto regola, condiziona,  incancrenisce. La politica delle province, delle comunità montane e delle circoscrizioni, che probabilmente sono utili solo ai curricula dei politici di tutti gli schieramenti possibili ed immaginabili. La politica dei manifesti selvaggi che tutto imbrattano, con le stesse facce di sempre, i soliti slogan, nuove e sempre più numerose sigle. La politica delle tessere di partito (si, ancora esistono!) che si contano e contano ma a volte sono omaggio. La politica degli ex-rifondaroli e della sinistra opportunista (altroché antagonista!), somma algebrica di compagnucci insoddisfatti, di ex tagliati fuori, di pensionati di lusso in attesa di nuova occupazione, di candidati che mettono le mani avanti per riuscire ad essere la ruota di scorta del partito democratico, per compiere il miracolo dell’ossimoro di un’improbabile rivoluzione civile. La politica degli onesti (…intellettualmente?) che non fanno nulla perché il consiglio regionale sia sciolto d’autorità. La politica del partito democratico che ci promette un futuro scintillante, con uomini e donne di cui dovremmo liberarci di gran lena. E’ solo un caso che la parola ‘democratico’ sia tanto strombazzata?

Qualunquista? Moralista? Patrocinante dell’antipolitica? Provocatore che fa di tutte le erbe un mazzo? Può darsi. Qualcuno mi spieghi, però, come questa politica, che ha generato il decennale malgoverno tutta una nazione, a tutti i livelli, e di fatto ha consentito e tutelato le degenerazioni sotto gli occhi di tutti, può riformare, rinnovare, disinquinare se stessa?

Rosario Lombardo