GAETANO COSTA: PERICOLOSO E SOLO

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Il 6 agosto 1980 cadde, sotto tre colpi di pistola alle spalle, il Procuratore Capo di Palermo Gaetano Costa. Magistrato indipendente, intransigente, poco aperto ai sentimentalismi e abbastanza freddo e distaccato nei rapporti sociali ha, però, mostrato sempre un grande cuore verso le fasce più deboli. Erano gli anni della guerra tra Cosa Nostra e la nuova mafia dei corleonesi capeggiati da Totò “u curtu”, una guerra pazza dove persero la vita troppi civili e tanti rappresentanti dello Stato onesto. Il giudice Costa, unico magistrato di Palermo a cui, in quel momento, era stata assegnata una blindata e una scorta, aveva rinunciato a tale protezione perché, la stessa, avrebbe messo in pericolo altre persone e lui, diceva:”aveva il dovere di avere coraggio”. Ed il Procuratore, di coraggio, ne ha avuto tanto. Dopo pochi giorni dall’omicidio del capitano Emanuele Basile, Costa è impegnato a studiare carte su carte da cui viene fuori un rapporto sui traffici di droga che lega tre famiglie “rispettabili” quali Inzerillo-Spatola-Gambino e pensa sia arrivato il momento di firmare cinquanta mandati d’arresto per gli esponenti di tali famiglie mafiose. In una Sicilia non ancora pronta alla rivoluzione, nella quale Peppino Impastato si era “suicidato”(???) e la mafia era un’invenzione di fantascienza, le intuizioni del giudice Costa odoravano di eccezione e, senza dubbio visti i risvolti, facevano tremare molto più che qualcuno. I colleghi magistrati del Procuratore Costa, forse non conoscendo a fondo i loro doveri professionali e, direi, umani, non firmarono quei mandati d’arresto, preoccupandosi addirittura di far trapelare quella loro “saggia” decisione all’esterno attraverso i media, cosicchè, “qualcuno”, avrebbe saputo della loro “innocenza”. Quel giorno, in quei mandati d’arresto, alcuni magistrati di Palermo avrebbero però firmato, senza troppi scrupoli, la condanna a morte del loro Procuratore Capo, per la sua unica colpa di desiderare giustizia. Si muore quando si è pericolosi e soli: Gaetano Costa, unico firmatario dei cinquanta mandati d’arresto per le maggiori famiglie mafiose  palermitane, aveva raggiunto questa combinazione mortale. Il dato più inquietante sta nel fatto che, dopo ben 37 anni dalla sua morte, il delitto sia rimasto vergognosamente impunito, tanto che persino il movente rimane pura supposizione, tanto che esistono altre ipotesti riguardanti il motivo della sua atroce fine. Una tra queste ipotesi, perché dopo 37 anni ancora si parla di ipotesi, sarebbe la delicata indagine di Costa sugli investimenti economici della mafia e, quando a muovere braccia e menti ci sono i soldi, indispensabile è la connivenza dell’imprenditoria e della politica. E allora Falcone vedeva giusto e lungo:” Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno.” Gaetano Costa, il 6 agosto 1980 alle ore 19.30, sfogliava dei libri su una bancarella in via Cavour a Palermo, due killer in moto mandati non si sa da chi e non si sa perché dopo, si vuol ribadire, 37 anni, gli spararono tre colpi di pistola alle spalle. “Lo stile e l’agire tipico dei mafiosi è lo stile e l’agire tipico dei vigliacchi: di chi agisce nell’ombra, di chi agisce alle spalle” (Nino Di Matteo).

Federica Giovinco