Distopia ’70, 2°puntata (a cura di Pietro Lirangi)

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DISTOPIA 70 – PUNTATA 2

Febbraio 1968, Roma. Il principe nero – forte del sostegno politico e militare delle formazioni extraparlamentari di estrema destra – mette sul tavolo un progetto dettagliato. Il solo supporto di Avanguardia Nazionale per portare a termine il colpo di Stato è troppo poco, l’obiettivo è quello di coinvolgere apparati dello Stato, esercito e forze dell’ordine.
Quindi, si vuole creare un esercito parallelo che metta con le spalle al muro chi poi dovrà impedire la riuscita del golpe durante l’ora X.
C’è un solo uomo in Italia che può indicare gli uomini, i tempi e i modi… tutto e il contrario di tutto in questo paese passa da lui. È colui che nell’ombra governa: LICIO GELLI.
All’apparenza è un imprenditore, all’apparenza…in realtà tutto l’establishment, le cariche militari e politiche più importanti della nazione passano da lui, che a 18 anni si arruola nelle camicie nere e va a combattere la guerra di Spagna. Poi fa parte attiva dell’esercito di Mussolini, ma una volta aderito alla Repubblica Sociale, fa il doppiogioco collaborando con i partigiani ed evitandosi una condanna certa. Poi dopo la guerra si ipotizza una collaborazione con la Cia come referente nel nostro paese e a metà degli anni ‘50 a apre il suo stabilimento di materassi a Frosinone, ma qualcosa non quadra…quello stabilimento diventa un via vai di ministri, vescovi e generali…..tutti clienti? Chissà.
Intanto, entra in massoneria e scala in pochi anni le gerarchie con la sua potentissima Loggia P2. Il potere in Italia ha una tessera: la sua. E non a caso, anche Junio Valerio Borghese ne aveva una, ed era tessera la n.1567 pur non avendo mai partecipato a nessuna riunione.
Il principe borghese, dunque, si sta dirigendo verso Arezzo, ricordando la loro conoscenza avvenuta durante la Repubblica Sociale e di come, pur senza una stretta collaborazione, non erano mancati gli attestati di stima e ammirazione reciproca.
Ma Borghese, saputo del doppio gioco di Gelli all’epoca, aveva ordinato alla sua flottiglia di eliminarlo ma fu troppo tardi, in quanto era già protetto dagli alleati.
Comunque, passano gli anni e ora serve Licio Gelli come una chiave per scardinare le regole e diventare il perno vitale per la sua operazione. Borghese arriva a Villa Wanda e, dopo un’attesa interminabile e mille dubbi trafugati, Gelli lo riceve ma non è un cordiale esordio:
“Sapevo che la sua flottiglia mi avrebbe cercato e ucciso” così esordisce il gran maestro…….
Il comandante Borghese è spiazzato ma deciso: “Vero, non abbiamo esitato un secondo… sarebbe bastato un giorno un solo giorno in più in quella caserma”
“L’unico fallimento della sua lucente vita militare….” – la sentenza di Gelli – “Nonostante tutto le ho reso il giusto omaggio inviandole la mia tessera ma mi pare forse che non sia stata gradita…”
Junio Valerio Borghese ribatte, sapendo l’unica freccia in comune da scagliare al momento giusto. E questo lo era decisamente: “Credo che lei non gradisce gran maestro è l’ascesa dei comunisti…..”
Gelli lo guarda, si alliscia la barba. È spiazzato, si guarda intorno. Vorrebbe un rabarbaro, guarda poi la finestra, è un attore navigato: “Vede Borghese, lei ha una visione troppo estremista della vita. Lei ha due vie in questo momento, accettare un compromesso…. o far sì che il suo tentato golpe diventi una pessima parodia del fascismo….”
Gioco e partita. Gelli durante quell’incontro, detterà tempi e condizioni del golpe, facendo i nomi di tutti gli apparati dello stato da deviare in favore del golpe, generali, colonnelli, politici e non solo…. indica i nomi degli industriali che dovranno supportare finanziariamente il progetto…. indica i nomi di chi dovrà avere i contatti con i servizi segreti di Europa e della Cia per cercare di trattare e mediare affinchè ci sia l’appoggio totale…indica anche i nomi dei boss della criminalità organizzata da coinvolgere nel progetto….
Ha tutto in mente. Sarà il gran maestro a occuparsi del sequestro del Presidente della Repubblica, in quanto in possesso di un pass per entrare al Quirinale.
Alla fine del lungo incontro mentre Borghese si allontana, licio Gelli lo chiama. Quasi come un segnale in codice: “Vede comandante, se lei fosse arrivato il giorno prima in quella caserma, sarebbe un vecchietto in preda alla nostalgia…..”
—–FINE SECONDA PUNTATA ––