Disastri ambientali e Legnochimica di Rende. Indovinate cosa li accomuna…

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Come molti di voi sicuramente non sanno, in California si sta discutendo circa la sicurezza delle dighe poste attorno a quello che viene definito il “Delta”, una struttura artificiale che allaccia oltre 1000 miglia di conformazioni idriche dal nord al sud del paese.

Si tratta di una serie di costruzioni protettive a cui sono state associate delle pompe che irrigano lo Stato di ben 2/3 della sua fornitura totale d’acqua. Inoltre, questi argini hanno un’altra funzione (ma non secondaria) che è quella di tenere fuori la sporcizia e l’acqua marina.

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Il fatto è che gli scienziati della USGS (US Geological Survey, agenzia di rilevamento geologico) sostengono che le dighe sono troppo antiquate e che il rischio di un cedimento è cosa assai probabile.
Il pericolo, in questo caso, più che provenire da cause naturali come terremoti e uragani (comunque sempre in agguato nella zona), sembra piuttosto essere sollecitato dallatrascuratezza a cui queste strutture sono state abbandonate.

Infatti, paradossalmente, le dighe sono ancora le stesse di quelle create oltre un secolo farisultando antiquate e dunque inadeguate ad affrontare un qualsiasi tipo di fenomeno dannoso.
Un cedimento rappresenterebbe un disastro ecologico vero e proprio. Ettari di terreno coltivabile verrebbero esposti all’inquinamento dell’acqua salata per un danno che, dal punto di visto del mercato agricolo, corrisponderebbe a 25 milioni di dollari.
E non solo, la popolazione dovrebbe fare i conti con malattie e intossicazioni di vario genere, cosa che potrebbe sfociare nell’epidemia nel momento in cui la contaminazione dovesse intaccare i serbatoi destinati agli acquedotti urbani.

Insomma, un’altra volta sembra che i problemi incombano e che non si stia facendo niente pur di prevenirli
Ma perchè succede questo? Come mai la nostra specie soffre di attacchi di pigrizia per questioni legate all’ambiente? Interessi economici?
Non è una novità e, infatti, le maggiori catastrofi ambientali avvenute sul nostro pianeta sono state causate dall’uomo. Ecco qualche esempio.

  • Sidoarjo
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    Il nome del più grande vulcano di fango al mondo, in continua eruzione da maggio 2006. La sua attività si perpetuerà per altri 80 anni, stima sicuramente scoraggiante in quanto la causa del disastro è dovuta agli scavi di una compagnia, PT Lapindo Branta, che non avrebbe rispettato alcuna norma di sicurezza.
  • L’isola di plastica
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    Chiamata anche “Settimo continente” o “Continente di plastica”, è un immenso accumulo di rifiuti galleggiante che si estende per un’area non meglio precisata del Pacifico settentrionale. La spazzatura, che secondo alcuni calcoli ammonta a 100 milioni di tonnellate, si è accumulata a partire dagli anni 50 venendo risucchiata dal movimento a spirale della corrente oceanica. Il danno all’ecosistema è incalcolabile.
  • Il disastro di Seveso
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    Italia non innocente nell’ambito e infatti, tra le peggiori catastrofi causate dall’uomo troviamo quella avvenuta nel luglio del 1976 nella ICMESA di Seveso (provincia di Monza), una fabbrica addetta alla produzione di agenti chimici di vario genere tra cui il triclorofenolo. Un’Italia ancora giovane, alla ricerca della rinascita economica, commise l’errore di costruire questo edificio vicino ai centri abitati che ai tempi era considerato una fonte di lavoro, quasi una manna dal cielo. Il fato vuole che uno dei reattori chimici addetto alla produzione di questa sostanza esplose per cause ancora non precisate, sprigionando una nube di diossina che seppur non agendo immediatamente, dopo alcuni giorni, uccise migliaia di animali e disseccò completamente la vegetazione per un’area molto estesa. Le persone furono avvisate della gravità dell’incidente dopo ben 8 giorni e la prima evacuazione ebbe luogo dopo 14. In migliaia si ammalarono di tumore e la zona è tutt’ora sotto continuo monitoraggio.
  • Chernobyl
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    Il test al reattore 4 della centrale nucleare che si trasforma in tragedia per un errore umano. Non ha bisogno di presentazioni. Dall’Ucraina all’Irlanda, dopo 30 anni, contiamo ancora casi di cancro causati dalle radiazioni mentre lande vastissime di territorio attorno alla cittadella saranno sterili e contaminate per sempre.

Ma non è tutto, purtroppo.
Siccome ci è sembrato troppo semplicistico parlare di “prevenzione” e “pigrizia” mentre si vive una situazione del genere dall’esterno, noi de Il Bosone ci siamo preoccupati di indagare circa un caso, a noi (geograficamente) molto vicino, che sarebbe quello dell’ex legnochimica di Rende (provincia di Cosenza).
Si tratta, per chi non lo sapesse, di un’azienda abbandonata ormai da anni che nel tempo ha cumulato enormi quantità di scarti di lavorazione, originariamente destinati a delle vasche di contenimento che sembrano non essere state correttamente impermeabilizzate lasciando filtrare le sostanze più pericolose nelle falde acquifere sottostanti.

Così ci ha riferito Domenico Miceli, portavoce del M5S di Rende che ci ha prestato la sua opinione in merito all’argomento verso cui il partito ha prestato grande attenzione.

<<In realtà, abbiamo tre varianti di inquinamento>>, ci ha riferito, <<quella che comprende la falda acquifera, quella atmosferica e quella del suolo.>>
Il tutto è stato descritto in un’importante relazione che è stata prodotta per la procura di Cosenza dal prof. Crisci (l’attuale rettore dell’Unical), in veste di tecnico nominato dalla procura per effettuare queste analisi.
<<Sono state analizzare le acque dei pozzi della legnochimica e di altre zone limitrofe ed è stato appurato che la contaminazione si sviluppa partendo dall’area di origine fino alla valle del Crati.>>
Questo estenderebbe il rischio a una portata persino fuori controllo, siccome al fiume Crati si allacciano diverse conformazioni idriche tra cui alcune artificiali e di utilizzo pubblico.
Il problema continua poi attraverso l’aria, infatti:<<il terreno dell’area industriale di Rende è molto argilloso quindi tende a trattenere l’acqua. Quando la legnochimica venne chiusa, parte dell’acqua destinata a essere utilizzata iniziò a salire trascinando con sè il contenuto delle vasche dove venivano conservati gli agenti chimici. Quelli che oggi chiamiamo come “laghetti” in realtà non sono altro che un composto che con l’aumento della temperatura, in stagione estiva, si prosciuga dell’acqua ed espone i fanghi provocando un autocombustione dei resti legnosi.>>
Dagli incendi, dunque, nascerebbero delle nubi di gas cancerogeno di una portata notevole.

La famosa legnochimica di Rende

Ma come procedere per risolvere il dilemma?
<<Un primo piano di bonifica prevedeva che i laghi andassero prosciugati e poi rimossi insieme ai composti chimici,>> afferma il portavoce,<<solo successivamente, trasportati e scaricati in discariche autorizzate. Questo avrebbe consentito l’eliminazione totale del problema ma visto che i laghetti in realtà non sono così piccoli e visto che abbiamo anche dati discordanti sulla quantità di materiale da prelevare, il tutto sarebbe stato un processo troppo dispendioso. Si parla di 6 milioni di euro, una cifra fin troppo elevata per una società in liquidazione come quella della legnochimica ma anche per le istituzioni provincia e regione. Non ci resta che sperare che il comune espropri il terreno e che rendendolo pubblico consenta un intervento di bonifica.>>

Ad oggi, la messa in sicurezza non è mai partita e l’unico modo in cui il problema viene affrontato è attraverso i canali di informazione.
L’intento del movimento locale del 5 Stelle è infatti quello di non far cadere l’attenzione su quello che potrebbe rivelarsi un disastro della trascuratezza umana a tutti gli effetti.

E’ ovvio che con il passare del tempo, la situazione non può certamente migliorare. Alcune inchieste giornalistiche avevano mostrato come le famiglie residenti nell’area avessero almeno un membro per nucleo malato di tumori caratteristicamente riscontrabili in zone industrializzate.
<<Non abbiamo la certezza della correlazione tra le due cose,>> conclude Miceli,<<bisogna fare attenzione su questo, ma i dati dell’inchiesta mostrano come la percentuale di neoplasie presenti nell’area della legnochimica sia più alta che nel resto del comune.>>

A titoli informativo vogliate dare un’occhiata ai composti che sono contenuti nei “laghetti” di questa struttura:
diclorometano, tricloroetano, bromoclorometano, dibromoclorometano, Toluene e P-Isopropiltoluene.
E non finisce qua.
Nel luglio 2011 la Procura della Repubblica ha disposto la redazione di una consulenza tecnica sull’area che evidenzia come la falda acquifera sotto ed in prossimità dei bacini artificiali, risulti gravemente contaminata, anche in profondità e che detta contaminazione si è estesa ai pozzi esistenti in zona ed evidenzia l’inquinamento da metalli pesanti: alluminio, ferro, manganese, arsenico, berillo, cromo, nickel, mercurio, benzene e tricloroetilene, con concentrazioni fino a centomila volte superiori al valore consentito.

Penso che non sia esagerato chiedere a voi lettori di spargere in giro la voce.

Davide Russo

Fonte notizie:
problema Delta in California
legnochimica assassina a Cosenza