Smart working in calo, ma resta essenziale per la Gen Z

Letture: 1115

Dopo il boom avvenuto tra il 2020 e il 2021, lo smart working sembra essere entrato in una fase di rallentamento, con molte aziende che hanno preferito ritornare alle vecchie modalità ripristinando il lavoro in presenza. In realtà, però, il quadro è molto più complesso di quanto sembri e nonostante il trend le nuove generazioni non sembrano intenzionate a rinunciare alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie.

Il calo dello smart working in Italia

Nonostante gli ottimi risultati e i tanti buoni propositi, lo smart working sembra essere entrato in una fase calante, soprattutto nel nostro Paese: stando ai dati più recenti sul tema, infatti, risulta che in Italia la maggior parte delle aziende che avevano adottato il nuovo modello per rispondere alle problematiche contingenti esplose circa tre anni fa siano già ritornate sui propri passi, trasferendo nuovamente il lavoro in ufficio.

Mentre in altre nazioni si continuano a cogliere le opportunità legate al lavoro a distanza, gli imprenditori italiani continuano a mostrarsi contrari a questa decentralizzazione e a preferire la presenza dei dipendenti in sede nonostante questi ultimi la pensino in maniera diversa.

In particolare, si stima che siano attualmente meno di 3 milioni i lavoratori da remoto in Italia, contro i circa 8 milioni raggiunti l’anno scorso, per una percentuale nazionale che si attesta al 13%, ben distante dalle medie raggiunte negli altri Paesi europei. C’è chi ha dovuto completamente abbandonare lo smart working e chi, invece, ha visto ridotte le giornate di lavoro a distanza (il 5,9% lavora da remoto due giorni a settimana, il 7,1% solo un giorno), ma in generale il rallentamento è netto e sintomo di una mentalità ancora difficile da scardinare.

I vantaggi dello smart working

Le evoluzioni digitali hanno investito in questi anni tutti i settori economici, provocando una rivoluzione nell’approccio alle attività. Grandi progressi, per esempio, si sono visti nel campo dell’intrattenimento digitale e dei giochi da casinò, con la nascita e il successo di servizi online dedicati all’uso di passatempi come le roulette, declinate in una nuova versione accessibile via web ma in grado di riprodurre fedelmente le caratteristiche del gioco fisico, o alla fruizione di contenuti audiovisivi, un cambiamento profondo che si è rapidamente espanso anche al commercio, sempre più elettronico, e al lavoro in senso più ampio, con la possibilità di svolgere le stesse attività di sempre ma a distanza.

Ciò significa oggi poter lavorare in maniera produttiva anche da casa (o da qualunque altro posto), semplicemente connettendosi a internet e svolgendo i diversi compiti con l’ausilio di software avanzati, senza per questo togliere nulla all’azienda. Anzi, lo smart working si è rivelato vantaggioso sotto vari punti di vista, a partire dall’ottimizzazione dei tempi legati a traffico e spostamenti non più necessari, per giungere di conseguenza a un riequilibrio della vita privata e professionale dei lavoratori e alla contestuale riduzione dei costi per le stesse aziende.

Sia a livello personale che in ottica ambientale lo smart working si è rivelata una soluzione estremamente positiva, apprezzata un po’ da tutte le categorie di lavoratori ma soprattutto tra i più giovani, a dimostrazione di un ulteriore scollamento tra l’idea di lavoro delle nuove generazioni e quella di politici e imprenditori fuori dal tempo.

La Generazione Z non intende rinunciare allo smart working

La disparità ideologica traspare nettamente dall’analisi delle opinioni dei lavoratori più giovani, che considerano il lavoro da remoto una delle maggiori opportunità della nostra epoca. Secondo uno studio effettuato da Dell, la cosiddetta Generazione Z per esempio afferma di ritenere essenziale la modalità smart working per scegliere il posto di lavoro, mostrando dunque una netta preferenza per eventuali offerte che lasciano spazio a questa opzione contro quelle più tradizionali.

La ricerca portata avanti su un campione di adulti di età compresa tra i 18 e i 26 anni ha evidenziato, in particolare, che 63 giovani su 100 sono non solo favorevoli allo smart working ma lo ritengono fondamentale, un dato preventivabile ma che accende ulteriormente il dibattito sulle scelte delle aziende che hanno deciso di andare contro una tendenza ormai inequivocabile.

Nell’ottica di non perdere ulteriore competitività e di essere al passo coi tempi, sembra dunque necessario un reale confronto che coinvolga tutti e che possa, a partire dalle scelte istituzionali, creare le condizioni per favorire l’uso delle tecnologie in ambito lavorativo anche attraverso percorsi che favoriscano la diffusione di quelle competenze digitali ancora carenti in Italia. In questo modo si potrà guardare al futuro con maggiore fiducia, orientando le scelte di imprese e lavoratori verso nuovi modelli più efficienti per tutti.