L’obolo del preambolo. Simu tutti sutta ‘stu cielu!*

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È notte. La notte di San Lorenzo. I bulbi oculari indagano fissi il firmamento. La luminescenza oltre il crinale di cime e rilievi enumera i paesi. Bisignano sotto una campana di vetro avvampa il suo lembo di cielo. L’aureola luminosa immota, di tanto in tanto, si prostra all’irruenza policroma dei fuochi artificiali delle feste patronali e non. Tre, quattro volte l’anno. Quasi che i lapilli spasimino e temano di scagliarsi per tutta la volta del cielo dai visceri più segreti del serto dei sette colli…

In faccia alla magnificenza del cielo stellato, le parole ad eclissarsi in un nonsense inconcludente e i desideri a naufragare irrimediabilmente. Che desiderare e perché? I desideri, si celano dietro le nuvole. A frotte. I desideri si spengono sul fare del giorno, uno via l’altro. …Ma è la mutabilità indolente del cielo a distrarmi ed attrarmi inebetito, con il suo drappo cangiante teso al di sopra delle miserie umane, sulla vita che scorre e cola via. Ciò nondimeno, come non restarsene assorti ed ebbri davanti ad un bel cielo terso? E nell’inazzurrarsi, candide e leggere le nuvole, in limine sul finire dell’orizzonte, a farsi largo piano piano, a spazientirsi spintonandosi in tutta la loro voluttà di panna montata. Quando nell’aria non c’è ancora aria di pioggia e l’attesa si tinge di una gioia bambina.

Umanità! M’arrovello spesso sul significato più autentico dell’espressione umanità, allorquando il mio sguardo sfiora il cielo e s’acceca, e non ne vengo mai a capo. Forse dovrei interrogarmi su Dio ma la protervia del cielo mi distrae. Il Signore Iddio. Il Padre Onnipotente. L’Eterno. Quante parole per (ac)cogliere a stento l’idea d’un Dio creatore del cielo e della terra! Un “Pensiero pio (Giorgio Caproni da Il muro della terra, 1975)” ad abbagliarmi d’impeto in più di un’occasione: “Sta forse nel non essere
l’immensità di Dio?” Un Dio in idea, che ognuno si mette addosso alla meglio e nutre al desco del proprio esistere, errare, (di)sperare. Certe volte si ha l’impressione che non esista un solo Dio, ma ne esistano tanti e quanti gli affamati da saziare. Tanti e tutti in competizione e in evidente rotta di collisione col Dio che ha l’imprimatur ufficiale della Chiesa. Spesso e/o volentieri, alcuni a dirsi più che cattolici agevolmente cristiani, o a sottolineare con auto-indulgenza il loro non esserlo fino in fondo, cattolici sì ma non praticanti; sofismi, vergogna o cosa di più o meno abietto? Senza tacere del culto esagitato per i Santi, fra gli altri Padre Pio, o personaggi come Natuzza Evolo di Paravati anch’ella in odore di santità a furor di popolo, così da indurre a domandarsi se il culto cattolico sia più monoteista, politeista, semplice idolatria. Inevitabile domandarsi, perciò, se la ricerca affannosa del miracolo debba essere l’unica chiave d’accesso al culto. Per di più, senza perifrasi o tentennamenti, come non domandarsi se abbia un senso dirsi, essere o sentirsi cattolici? E quale dovrebbe essere detto senso? In questa Italia alla deriva e allo sbando, bigotta alla luce del sole e dissoluta, in un’ansia di cupio dissolvi, col favore delle tenebre, cosa nasconde e svela questa cocciuta propensione d’essere, dirsi e sentirsi cattolici? In questa Italia dalla faccia pulita e dal lerciume occultato alla ben in meglio sotto le vesti, dalla ondivaga e multipla morale, a cosa mai giova annoverarsi nell’eletta schiera?

Me lo chiedo spesso. Quasi ogni giorno. Me lo chiedo davanti ai crocifissi nelle corsie degli ospedali, nelle aule dei tribunali e nelle aule delle vostre scuole. Me lo chiedo davanti ai pochi vecchi, di domenica mattina, che s’allontanano mesti sulle scalinate delle chiese. Me lo chiedo di fronte agli schermi che ci accendono neuroni e sinapsi, incendiano la fantasia, inceneriscono le voglie. Me lo chiedo fra gli scaffali dei centri commerciali con l’impazienza di tutto afferrare in un’appetenza ingombrante che attanaglia. Me lo chiedo oggi, 17 agosto 2010, alle ore 17.17, mentre scrivo. Me lo chiedo, a schiena curva, con la fronte madida di sudore. Me lo chiedo col libro dei libri in mano. Me lo chiedo sfogliando “Vaticano Spa” di Gianluigi Nuzzi, Chiarelettere editore. Me lo chiedo a lettura ultimata de “Il Mercato di Dio” di Philippe Simonnot, Fazi editore. Me lo chiedo, di pagina in pagina, scorrendo riga per riga “Se niente importa” di Jonathan Safran Foer, edito da Guanda. Me lo chiedo mentre ascolto Il testamento di Tito di Fabrizio De Andrè ed altro ancora. Me lo chiedo leggendo, ascoltando, guardando, come è naturale che sia dacché gli uomini s’interrogano da sempre su Dio e su stessi, dacché se ne sa e ne è rimasta traccia. Me lo chiedo nel silenzio. Me lo chiedo a dovuta distanza dalle processioni. Me lo chiedo nello sconforto e nella gioia, nella noia e nell’incontro. Me lo chiedo davanti alle vite spezzate, come ranuncoli strappati con forza spropositata dalla terra. Me lo chiedo quando scrivo e il mio sarcasmo surclassa l’ironia e la rivalsa morale/moralista abbacina la vista. Me lo chiedo spulciando le pagine dei giornali e disdegnando i telegiornali, mentre lievitano gli scandali e scandalo e indignazione non colmano l’abisso: …ma dove Cristo arriveremo!? Me lo chiedo sgranando il rosario dei mali inconfessati, inconfessabili, che ciclicamente riaffiorano a galla. In che modo riuscire a spiegarsi i rituali e i summit di mafia all’ombra della Madonna della Montagna? In che modo riuscire a spiegarsi i preti pedofili e l’ipocrisia che ammanta presbiteri, fedeli e prelati? In che modo riuscire a spiegarsi le cricche autorizzate e la munifica benedizione delle Eminenze di turno? …In che modo riuscire a spiegarsi i Don Luberto e il lager di Serra d’Aiello, …lo Ior, i Marcinkus, le esenzioni Ici, le elargizioni sotto banco, i patrimoni, gli emolumenti alle scuole private, le benedizioni dell’Opus Dei e le implicazioni delle Azioni cattoliche? Tutto questo e pure altro mi chiedo e non trovo risposte. E non capisco. Mi è difficile capire. Certo, senza sordi ‘un si ni cantani missi!, ma… Del resto, come riuscire a comprendere, in qualche modo, l’ostinazione e la riluttanza vaticana e della Cei in merito alla fecondazione artificiale, all’eutanasia, alle coppie di fatto, sul controllo delle nascite… eccetera eccetera… Dio Onnipotente, come sanno essere asettiche le parole! Quanto dolore e sofferenza che non trova mai pace e conforto! Perché meravigliarsi, d’altro canto, è vero o non è vero che lo Stato della Città del Vaticano non ha mai firmato la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo?

E ad un tratto, sotto il cielo della notte di San Lorenzo, le stelle ad annegare dietro il sudario/sipario di là della linea dell’orizzonte, ed io a dubitare ancora su Dio e sugli uomini chiosando con Wooody Allen (di cui è noto tutto il campionario di citazioni e aforismi intorno all’esistenza o meno di Dio): “Io non so se Dio esiste. Ma se esiste, spero che abbia una buona scusa.

Dov’é finito il cielo stellato? Dov’è l’azzurro del cielo terso? Dove le rime e i versi? Dov’è la mano che ti indica la strada? Dov’è il futuro di questo nostro fottuto paese (mutatis mutandis da intendere indifferentemente come Italia o Bisignano)?

Se vincete, vincete tutto, se perdete non perdete nulla. Scommettete, dunque, che Dio esiste, senza esitare. (Blaise Pascal, Pensieri, 233)”

Solo nuvole nere oltre orizzonte. Nessuno spiraglio. Le albe inseguono l’imbrunire e sutta stu cielu ognuno a trascinarsi come può. Cosa in cui credere e per cui credere? E perché credere, sospesi in questa tensione di superficie che si schiude tra narcisismi e sopravvivenza? …Ma che paese è questa nostra Italia degli anni zero (e non solo)? È davvero e solo una passeggera crisi di valori o qualcosa di più connaturato e connaturale all’essere cattolici e/o italiani? E quali le responsabilità del degrado culturale, morale e sociale, in quest’Italia così laida, della chiesa cattolica e dei cattolici più ferventi? Il senso di colpa e del peccato, la confessione e l’eucarestia probabilmente hanno giovato più al singolo che alla nazione. E perché scalciare e farsi avanti per cercare e trovare posto alla mensa di Cristo? Non trovate pure voi che ci sia qualcosa di sbagliato, fuori posto, aberrante… nella tovaglia, nelle portate… o addirittura nella stessa tavola imbandita (in toto)? No, non si tratta di scagliare pietre, o cercare imputati eccellenti da crocifiggere, né imputare a Dio ciò che non è Dio. L’esistenza o non di Dio e il cattolicesimo non sono argomenti a parte, ma parte dello stesso argomento: il futuro! Un futuro. Dell’Italia e per gli Italiani. E sia detto senza nessuno connotazione revanscista o nazionalista, lungi da me.

La chiesa cattolica ha più di duemila anni di storia perché ha il miglior logo, la croce, la migliore insegna, le campane, e un prodotto che vende, la salvezza.” Così scrive Antonio Kater Filho in O marketing applicado à Igreja católica (citazione tratta da “Il mercato di dio” di Paul Simmonot) eppure si ha l’impressione che il prodotto non tiri più tanto.

…Ma cos’è tutto questo nero che mi si stringe attorno? Sulu ancuna lucicchia intravedo qui e là. Cribbio, gli occhiali! Non trovo più gli occhiali. Devo essermi appisolato e accussì… Io senza occhiali non vedo un cazzo! Figurarsi le stelle!

Rosario Lombardo