Politica, diritto e finanza: la triade mortale

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Non si può non notare di vivere in una democrazia tendenzialmente prossima al divenire preminentemente un’oclocrazia, ove le lobby si nascondono dietro le mafie dei costumi sociali, ove la burocrazia uccide più della fame, e dove la sovranità monetaria ( tutto il rispetto per l’UE e le sue competenze esclusive ratione materiae) sembra far l’interesse dei finanziari e degli aristocratici, con netta emarginazione della piccola borghesia, forse ritenuta plebea dalle menti dei signori. Il substrato assiologico collettivo è in costante involuzione, la massima espressione di ogni valore si trasforma in staticità ontologica, la generazione è atarassica nei confronti dei cambiamenti sociali, reagisce velocemente però alle mode ed alle evoluzioni tecnologiche che diventano empirismo. Il diritto viene schiacciato dall’abbraccio della politica, ormai anche essa divenuta burattino dell’alta finanza, i mercati regolamentati dematerializzano non solo le azioni, ma anche gli interessi delle minoranze, tutelati in maniera al quanto claudicante. Gli stessi mercati frammentano i consumatori inglobandoli in un sistema di sostanziale oligopolio, perorante la scepsi “ricchi e poveri”. I media disinformano la collettività indotta nel credere di sperimentare la quintessenza dell’equilibrio apollineo e, trovandosi, all’insaputa, di fronte ad un’apologia di disvalori tendente ad un umbratile fanatismo, viene indotta, mediante procedimenti di mk ultra indiretti, all’apatia razionale (o irrazionale?). Elucubriamo atavici dogmi che portano soltanto all’atassia di un sistema che non riesce più a camminare, zoppica dietro i flagelli delle guerre non rivelate e a quei concetti di pacifismo mistificati e stigmatizzati. La giustizia sostanziale non esiste più, la lentezza dei processi porta progressivo nocumento alle situazioni giuridiche soggettive personali. Ignoriamo che studiare la storia in maniera critica (polibio teorizzava la ciclicità degli eventi) potrebbe essere la soluzione concreta a questa disfatta, connotata dalla paura di spendere denaro e dal depauperamento degli impieghi di lavoro. Il disfattismo va superato con tensione verso la cultura, studiando, e anche perorando la vera democrazia rappresentativa potremmo ribaltare i concetti ed i fatti, giocoforza la politica smetta di abbracciare il diritto, la legge smetta di farsi corteggiare da essa ritrovando la terzietà perduta, e la finanza smetta di aspirare a diventar partitica. L’euritmia della triade testè citata potrebbe condurci nei miasmi della perdizione.

di francesco ferdinando cristarella oristano
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